2 dicembre
Il presidente Monti oggi a Verona
torna a parlare di scuola, ambiguamente. Si dice disposto ad “ascoltare
le istanze del mondo della scuola a patto che siano fatte in maniera
costruttiva, senza strumentalizzazioni e senza corporativismo”. Il che
significa ripetere la convinzione di avere a che fare con un mondo
caratterizzato dal corporativismo e che si lascia andare a ciniche
strumentalizzazioni. È stato inutile finora ricordagli che i veri
corporativismi... in questo Paese son ben altri, troppo forti evidentemente
per scalfirli. Meglio prendersela con i più deboli.
Monti torna a bollare come “difesa di
interessi di breve periodo” le reazioni del corpo docente
all’incremento di lavoro, imposto per legge e senza contropartita
stipendiale. Una manovra equivalente a tagliare gli stipendi, il vero
obiettivo nei riguardi di tutta la Pubblica Amministrazione. Il resto
consiste nel tagliare posti di lavoro, già quantificati in 24mila nelle
amministrazioni centrali, lasciare a casa i precari, mettere in mobilità
i lavoratori, e da ultimo licenziare. La ministra Fornero lo va dicendo
da mesi. Nel privato si licenzia, e nel pubblico bisogna poterlo fare
ugualmente, “per non fare discriminazioni” è la sua tesi, condivisa dal
Governo. Questo è il concetto “tecnico” di equità.
Aggiunge poi Monti: “Mettersi in
discussione è alla base di ogni sana evoluzione demografica: tutti
devono mettersi in discussione. Lavoriamo tutti per uno stesso
obiettivo''.
Ecco vorremmo tanto sapere qual è
questo obiettivo in vista di una “sana evoluzione”, che noi consideriamo
più socio-economica che demografica.
Troppo facile dire a parole “vogliamo
una scuola più efficiente, più moderna, che sappia rispondere alla
sfida del presente”. Il mondo della scuola, per condividere gli
obiettivi di cambiamento, vuole sapere in che direzione va il
cambiamento.
Serve una visione chiara e
chiaramente comunicata di quale scuola vogliamo nel futuro, come
intendiamo investire se la riteniamo una priorità, e quale ruolo
assegnare agli insegnanti come artefici del cambiamento.
La scuola digitale è una bandierina
per le allodole. Le tecnologie IC sono un mezzo di rinnovamento, non
sono lo scopo. La scuola non si rinnova con computer e LIM inseriti in
ambienti inadeguati, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma
privi di ogni minimo confort: dagli spazi agli arredamenti, sedie e
servizi igienici compresi.
Serve anche spiegare quale
rinnovamento ci si può attendere da un corpo docente oltre la
cinquantina, in gran parte prossimo alla sessantina, a cui sono state
cambiate di punto in bianco le regole per l’accesso alla pensione
(mentre i diritti acquisiti dei veri privilegiati non si toccano!).
Il governo Monti ha eseguito così
bene i suoi compiti verso l’Europa che adesso abbiamo l’età pensionabile
più alta d’Europa! Fra qualche anno avremo docenti di 65-66-67 anni in
prima elementare, o prima media, o prima di un istituto professionale,
con 25-30 alunni per classe, altissime percentuali di stranieri, alunni
con handicap, alunni con Dsa.
Niente turnover. I precari
invecchiano anche loro prima dell’immissione in ruolo. Neppure il
recente concorso per 11.500 nuovi docenti porterà a un accenno di
ricambio generazionale.
Come fa un docente di 50-60
“immigrato digitale”, pur con tutta la buona volontà di aggiornarsi in
proprio (la formazione in servizio è l’ultima ruota di un carro
sgangherato) a stare al passo con i tempi di fronte ad una generazione
di “nativi digitali”?
Monti ci dica finalmente e con onestà
intellettuale il vero obiettivo del suo Governo per la scuola, senza
giri di parole, senza espedienti retorici per confondere gli italiani, e
soprattutto smettendola di colpevolizzare una categoria che in questi
anni ha mandato avanti comunque, con buona volontà e impegno, un sistema
di istruzione ormai sull’orlo della distruzione, grazie all’opera dei
politici e tecnici che abbiamo avuto.
Tecnica della Scuola
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