giovedì 31 gennaio 2013

Futuri insegnanti: la vergogna delle università e il disinteresse generale

da SenzaSoste.it
TFA 20130127Riprendiamo da Megachip questa lettera pubblicata da SenzaSoste. L'autrice vi descrive la sua recente esperienza per poter conseguire l'abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie. Il risultato è un racconto dalle tinte kafkiane che ci mostra l'incredibile macchina burocratica che ancora dis-governa e muove (se di movimento si può ancora parlare) l'istruzione pubblica nel nostro Paese. (la redazione)...


Vi scrivo per raccontare la storia del mio tentativo di conseguire l'abilitazione all'insegnamento attraverso gli ormai prossimi all'avvio Tfa. Si tratta di una vicenda personale, che però a mio avviso getta luce su quello che è lo stato diffuso dell'università italiana, e anche sul disinteresse che ricopre quanto e quanti hanno a che fare con l'istruzione pubblica.
Come forse si saprà i Tfa sono stati attivati per il conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nelle scuole secondarie, requisito d'ora in poi indispensabile per la partecipazione ai concorsi nazionali e per poter sperare di conquistare l'ambita "cattedra". Dopo mesi di attesa, indiscrezioni e dilazioni, nella scorsa primavera i Tfa sono stati banditi: di durata annuale, secondo quanto recitava il bando ministeriale, a numero chiuso, con selezione per titoli ed esami.
Fin dalla prima prova, predisposta dal Ministero e identica su tutto il territorio nazionale, si è capito che aria tirava. Le prime graduatorie sono state annullate in seguito alla denuncia di errori e ambiguità nella formulazione dei quesiti a risposta multipla - per la mia classe, Filosofia e Storia, neppure la più sfortunata, sono state annullate 13 domande su 60. Subito i ministri, tanto Gelmini che Profumo, se ne sono lavati le mani dichiarandosi "non responsabili"; e con una dignitosa mossa a scarica-barile, hanno pubblicato i nomi degli "esperti"  chiamati a preparare i test. Con quali intendimenti, forse che noi candidati andassimo a aspettarli sotto casa uno per uno per una tirata di  orecchi?
Le prove successive, scritta e orale, erano affidate alle singole università titolari dei corsi di Tfa, ed è qui che iniziano direttamente i miei rapporti con l'università di Siena. Nulla da dire sulla serietà della commissione giudicante, che anzi ha tentato di venirci in contro di fronte ad eventuali problemi procurati dalla  scarsa comunicazione da parte degli uffici dell'ateneo o da inconvenienti "tecnici" di varia natura. Le difficoltà sono sorte nel momento in cui la palla è passata agli uffici responsabili per i Tfa. I risultati degli orali non sono stati comunicati per oltre tre settimane, nonostante fossero disponibili dalla chiusura delle prove (a mia richiesta, mi sono sentita dire che potevo tornare ad Arezzo a leggerli sulla "porta dell'aula": non fosse che io per raggiungere Arezzo  impiego tre ore, e ad ogni modo, se potevo leggerli io, perché non poteva fare altrettanto la responsabile della loro pubblicità?). Finalmente – dopo altri ritardi dovuti ai soliti "problemi tecnici" di cui ci si è resi conto non prima di venti giorni - il 21 dicembre sono uscite le graduatorie che ritenevamo ufficiali. Felice di essere entrata,  comunico sul mio - precario, a progetto - posto di lavoro la mia possibile indisponibilità nei primi mesi del 2013 (ma ancora in modo ipotetico, in assenza dei calendari delle lezioni).
A gennaio le preiscrizioni: moduli sbagliati, con errori dovuti presumibilmente a un copia e incolla poco attento; un unico indirizzo e-mail a cui chiedere informazioni (non esistono né un numero di telefono, né un ufficio aperto al pubblico), a cui scrivo più lettere che non trovano risposta, fino a sentirmi dire che "è stato disattivato", peccato che sul sito figuri ancora come l'unico e solo a cui rivolgersi; la responsabile, cui scrivo direttamente, che latita;  il preside di facoltà, poi il rettore, che non rispondono una riga alle mie lettere di richiesta prima, di protesta poi. Intanto sento comunicazioni poco rassicuranti dagli iscritti in altri atenei 
italiani: viene chiesto loro di pagare la prima rata delle tasse (spesso oltre 1000 euro) senza che sia loro comunicato il calendario didattico, l'organizzazione delle lezioni, la sede scolastica in cui dovranno svolgere il tirocinio...
Noi, della classe A037 presso Siena, non sappiamo ancora in che città dovremo recarci: se a Pisa, a Siena, o ad Arezzo. Poi, il 22 gennaio, la sorpresa: le graduatorie della nostra classe, a causa di problemi al sistema informatico e "errori materiali" di cui nessuno si è accorto per oltre un mese, e di cui nessuno si assume la responsabilità, dovranno essere riviste. A tre giorni da quella che fino al giorno prima figurava come la data ultima per il pagamento  delle tasse d'iscrizione, sono le stesse graduatorie ad essere in forse. E chi, come me, avesse già comunicato la propria assenza sul lavoro? Chi avesse rinunciato ad un impiego, magari temporaneo ma pur sempre un impiego, a seguito della pubblicazione di quelle graduatorie che per oltre un mese hanno figurato come ufficiali? Quanto meno, è uscito il calendario delle lezioni: i corsi annunciati di durata annuale avranno durata effettiva di tre mesi e mezzo, per la medesima cifra prevista, 
di 2200 euro. Oltre all'incongruità della spesa per un tirocinio nel quale la maggior parte delle ore saranno di nostra presenza nelle classi a fianco di docenti di ruolo (che non so, ma non credo vedranno di molto arricchito il proprio stipendio per l'opera di tutoraggio che dovranno svolgere), pare evidente che le università stesse sappiano quanto inutile sia l'opera "formativa" che ci presteranno, se la si può comprimere tranquillamente da un anno a poco più di tre mesi.
So che questa lettera è lunga e verbosa, ma ci tenevo a spiegare la situazione, non solo per portare avanti la mia personale protesta, ma per manifestare un disagio che riguarda anche la maggioranza di quanti stanno partecipando a questi Tfa. Ci imbattiamo in disorganizzazione, sciatteria, totale disinteresse. Eppure un po' di serietà la meriteremmo, in primis per quella che ci abbiamo messo noi, che, anche dopo la laurea, abbiamo continuato a studiare mesi per preparare i concorsi, abbiamo pagato la tassa di iscrizione per sostenere le prove, ci siamo - parlo per me e altri colleghi che conosco in Toscana, ma non credo altrove sia stato tanto diverso - sobbarcati spostamenti, viaggi di ore, notti in albergo pagate di tasca nostra per sostenere gli esami quando questi si svolgevano lontano dalla residenza. Il tutto volentieri, con la fiducia che il nostro impegno servisse a qualcosa. E questo per poter ottenere l'abilitazione all'insegnamento, che non ci garantisce il lavoro, ma è solo clausola indispensabile per sperare di poterlo un giorno, con altro studio e impegno, avere. In altri paesi la formazione degli insegnanti della scuola pubblica è considerata un interesse nazionale, un corpo docente valido e preparato è una ricchezza per la collettività. Qui siamo demandati nelle mani di soggetti ai quali, evidentemente, della scuola pubblica non importa alcunché; e che non esito, per quel che riguarda la mia esperienza, a definire quanto meno poco seri nello svolgimento di quello che sarebbe il loro dovere, nulla più.
Probabilmente la lettera sarà troppo lunga per la pubblicazione, ma mi piacerebbe se potesse venire in qualche modo a galla la nostra situazione, magari con un articolo. E' davvero faticoso, e anche offensivo per la nostra dignità, questo trattamento prolungato di mancanza totale di rispetto. Che poi culmina nelle parole di Monti  sugli insegnanti "viziati", e pure un po' vigliacchi. Lui, che nella scuola pubblica non ha mai insegnato, provi a chiedere agli insegnanti come vivono e lavorano. E a chiedere a noi, aspiranti insegnanti, quanta motivazione ci è richiesta. Tutta questa trafila, stancante e demoralizzante, in vista di altri anni ancora di precariato.
Viene voglia di andar via da questo paese, via lontano.
Vi ringrazio per l'attenzione e mi scuso ancora per la lunghezza della lettera, ma volevo spiegare tutto il meglio possibile, dato anche che, sui giornali tanto locali che nazionali è molto difficile trovar traccia di queste vicende e della nostra situazione.
Silvia Baglini

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