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domenica 13 gennaio 2013

Scuola 2/ Privata, non è solo questione di soldi


di Salvatore Pace

Questo è il secondo spezzone di ragionamento sulla scuola ed è solo sulle private, sul perché appena vinte le elezioni dovremo metterci mano.
 Non è solo questione dei 223 milioni di euro elargiti dal Governo Bersani-Casini-Berlusconi-Monti alle scuole private per il 2013; e nemmeno è solo questione dei corrispondenti tagli selvaggi alle scuole dello Stato.
 E’ anche un problema di concorrenza sleale.
 Oggi voglio fare il liberale e voglio ragionare con la loro testa. Bene: anche così la cosa non funziona. Vediamo dov’è la malafede e perché...
il sistema è malato. Vediamo perché le scuole paritarie non devono ricevere i nostri soldi (Costituzione a parte).
 Dunque: la destra, il centro e i cattomontiani del PD vogliono che ci sia CONCORRENZA tra pubblico e privato (cioè o ritengono che sui servizi ci si possa lucrare profitto oppure ritengono che i privati che aprono una scuola siano dei benefattori dell’umanità). Bene. Per assurdo, diciamo che siamo d’accordo. Allora le regole devono essere uguali per tutti altrimenti per primi i liberisti e i liberali dovrebbero insorgere. Mi spiego:

  1. In primo luogo si dovrebbe chiarire perché la Scuola dello Stato è vincolata al rispetto della normativa antimafia e contro il riciclaggio e la scuola dei privati no. In base alla legge 136 del 2010 (Piano straordinario contro le mafie, nonché delega al Governo in materia di normativa antimafia) noi scuole dello Stato per effettuare qualsiasi pagamento (anche per l’acquisto di una penna bic) dobbiamo chiedere ai fornitori il DURC, il conto dedicato, dobbiamo accendere un CUP (Codice Unico di Progetto) e un CIG (Codice Identificativo di Gara): il tutto per la tracciabilità anti riciclaggio. Poi dobbiamo accedere obbligatoriamente ai fornitori del mercato elettronico (CONSIP), interrogare Equitalia per forniture superiori ai 10.000 euro (se i fornitori hanno debiti con la Pubblica Amministrazione dobbiamo pagare lei e non loro), dobbiamo attenerci scrupolosamente alle tipologie ed alle procedure del Dlgs 136 del 2006 (Testo Unico sugli appalti), sottoporci al controllo preventivo e successivo dei Revisori dei Conti del Ministero Economie e Finanza e del Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca, stilare schede di progetto e programmi finanziari conformi alla L. 196 del 2009 (oltre che al DI 44 del 2001) e andare in galera – giustamente - se sgarriamo e commettiamo un falso in bilancio, mentre per loro il falso in bilancio è depenalizzato. Bene. Ma perché le scuole paritarie (che sul mercato ci fanno concorrenza) non sono sottoposte alla stessa normativa e non devono fare niente di tutto questo? Perché loro possono spendere i soldi di Stato e Regioni senza rendere conto di nulla? Perché loro possono sfuggire alle norme antiriciclaggio e spendere i nostri soldi dove come e con chi gli pare? Questo non è giusto.
  2. Perché, se la “merce” che produciamo è la stessa, non abbiamo le stesse regole per la scelta degli “operai”? Perché è diverso il meccanismo di reclutamento del personale? Non è possibile che il personale nella scuola dello Stato venga assunto per graduatoria e il personale della scuola paritaria invece per chiamata diretta e poi assegnare ad entrambi lo stesso punteggio. In tal caso si sancisce il privilegio (immorale ma anche incostituzionale) per chi, avuto un impiego clientelare per chiamata diretta, può poi superare in graduatoria chi attende pazientemente una chiamata dalla graduatoria stessa. Questo non è giusto.
  3. Il sistema di controllo delle scuole paritarie operato dal Corpo Ispettivo è di gran lunga e incommensurabilmente più blando della trafila asfissiante di controlli interni cui è soggetta la scuola dello Stato e che ha concorso a snaturare il concetto tesso di autonomia funzionale. Sono in concorrenza due sistemi scolastici (statale e privato) di cui uno, quello dello Stato, non gode delle stesse libertà di azione e di budget del concorrente. Questo non è giusto.
  4. In ordine alla riforma degli ordinamenti ed al dimensionamento degli indirizzi di studio, mentre le scuole statali sono soggette alle regole del dimensionamento (viene soppressa l’autonomia sotto i 600 studenti) le scuole private no. Mentre le scuole statali per avviare un nuovo indirizzo sono soggette alle scelte della Regione, le scuole private no. Non appartengono entrambe al servizio “pubblico” come dice la legge Moratti 53/2003? In caso contrario l’offerta formativa sul territorio è inquinata da una variabile che non risponde ad alcuna regola. Questo non è giusto.
  5. L’iperbolica percentuale di promossi negli istituti paritari testimonia – in generale - dell’assenza di una corretta osservazione dei principi della valutazione, a meno di non voler ammettere che l’utenza degli istituti paritari sia costituita esclusivamente da allievi modello o iperdotati o geniali. Questo non è giusto.
  6. L’inquinamento dei titoli di studio, dovuto alla colpevole assenza di controlli stringenti sugli istituti paritari, rende problematico qualsiasi serio ragionamento sul futuro del valore legale del titolo di studio in Italia. Questo non è giusto.

Anche per questo voglio vincere le elezioni.

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