venerdì 15 febbraio 2013

Dalla Regione 22 milioni di euro alle scuole private

scuolapubblica1Ventidue milioni di euro. Poco meno di 44 miliardi delle vecchie lire. Tanto la giunta Cappellacci ha assegnato alle scuole materne private, a partire dall’anno scolastico 2012/2013. La delibera dell’esecutivo è del 18 settembre scorso, vergata dal governatore su proposta dell’assessore alla Pubblica istruzione Sergio Milia, in quota Udc. Pubblica istruzione. Che avvantaggia i privati. E così, se nella maggior parte delle scuole materne pubbliche la prima cosa che viene consegnata ai genitori è una lista che comprende tutto ciò che il bambino deve portarsi da casa (carta igienica compresa), nelle casse delle scuole dell’infanzia private – si parli di ditte individuali o istituti religiosi – arriva una marea di denaro pubblico...

Piccola nota: la spesa è autorizzata anche a valere sulla legge regionale numero 6 del 15 marzo 2012. Per la precisione: comma 32, articolo 3. Che, paradossalmente, recita “Semplificazione e contenimento della spesa”

Quando i soldi non bastano mai.

Piccolo particolare: i proprietari della materne private pretendono chiaramente una retta, che i genitori corrispondono mensilmente. Si va da un minimo di cento euro al mese fino a trecento e più in istituti privati “di rango”. In più, a parte e a valere su norme vecchie di trent’anni, le scuole dell’infanzia private incassano finanziamenti per la gestione della mensa, dei trasporti e delle attività ludico-didattiche. Con l’ultima delibera, arrivano ulteriori fondi da impiegare per il personale e il “funzionamento” degli istituti (progetti e attività varie). In sostanza, la Regione paga gli stipendi a dipendenti privati: insegnanti, amministrativi, collaboratori scolastici.
Il vescovo ordina, la Regione paga.
L’allegato alla delibera firmata Cappellacci definisce i criteri di chi può usufruire dei finanziamenti. Tutti, pressoché indistintamente. Giusto per fare un esempio: oltre alle ditte individuali, figurano chiaramente anche gli istituti religiosi. E qua c’è una ulteriore “apertura”:la Regione assicura i denari non solo alle materne religiose riconosciute civilmente, ma pure a quelle che non hanno nemmeno un pezzetto di carta fornito dallo Stato. Bastano quattro righe su carta intestata della diocesi. Ovvero, è il vescovo a decidere se un istituto religioso prende o meno i soldi statali. Recita testualmente l’allegato che per concorrere ai finanziamenti, “per gli enti religiosi con riconoscimento diocesano e senza riconoscimento civile” è sufficiente “un attestato dell’Ordinario diocesano dal quale risulti l’esistenza dell’ente ed il suo rappresentante legale”.
Tempismo.
Dalla delibera del 18 settembre sono trascorse poco più di due settimane e l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa riunita oggi a Strasburgo approva quasi all’unanimità una “piccola” risoluzione. Che fissa un criterio semplice semplice: “No al finanziamento pubblico delle scuole private”. Si raccomanda, certo, di assicurare fondi sufficienti agli istituti privati. Ma solo se l’offerta pubblica è insufficiente. A volte lo è, perché mancano i fondi.
Cosa dice la legge.
Per avallare lo stanziamento da 22 milioni di euro appena approvato, la Regione si basa – tra le altre – su una legge regionale del 1984. L’aveva fortemente voluta – e controfirmata – l’allora presidente della Regione Angelo Rojch, democristiano. Il quale, venticinque anni fa, impiegava la stessa formula: i fondi alle private si garantiscono, fino a un massimo del 75 per cento, “qualora i servizi offerti dagli istituti pubblici fossero carenti”.
Pablo Sole

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