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venerdì 1 febbraio 2013

Programma per la scuola di SEL (Sinistra Ecologia e Libertà)


di supporto pedagogico-didattico. La formazione, come sappiamo, inizia dalla nascita e le
famiglie italiane, ed in particolare le donne gravate dal doppio compito del lavoro e della cura,
necessitano con urgenza di nuovi nidi pubblici, che garantiscano un numero di posti pari almeno
al 30% dei bambini fino a tre anni. La scuola deve formare alla vita: recuperiamo le ore sottratte
da Gelmini e lavoriamo per l’unificazione dei cicli liceali e tecnico-professionali, investendo
maggiormente nella materie professionalizzanti. E’ così che la scuola potrà esercitare un ruolo
preminente nell’organizzazione della società, della produzione e della formazione delle
generazioni. La qualità delle nostra scuola va costantemente valutata e misurata. Per questo
intendiamo istituire un percorso di valutazione complessivo del sistema scolastico, così da
verificarne l’adeguatezza e la rispondenza alle necessità espresse dagli studenti e dai
cambiamenti sociali e culturali in atto. La valutazione verrà affidata ad un ente autonomo, non
di diretta nomina ministeriale, dovrà avere finalità compensative e di supporto alle realtà
scolastiche in difficoltà, e utilizzerà modalità statistiche con indicatori e parametri misurabili e
quantificabili. La valutazione coinvolgerà il Consiglio di Istituto e il Collegio dei Docenti.
• La scuola è degli studenti, mentre oggi il diritto allo studio è fortemente messo in discussione
dall’aumento delle tasse, dai costi non più sostenibili delle famiglie per l’acquisto dei libri di
testo e del materiale scolastico, dall’erosione delle borse di studio. Vanno messe in campo
con urgenza le risorse necessarie a garantire le borse di studio, forme di reddito indiretto come
la mobilità gratuita per gli studenti, e strumenti fiscali come la deducibilità delle spese per la
scuola.
• Università e ricerca devono essere considerati beni pubblici essenziali, mentre nel corso di
questi anni l’una e l’altra sono state sistematicamente indebolite e messe sotto controllo le
istituzioni pubbliche dedicate all’alta formazione con i tagli ai finanziamenti, con
l’impoverimento del personale e il blocco del turnover, con la revisione in senso autoritario
degli statuti, con meccanismi mortificanti contro i precari. Gruppi di potere interni sono stati
consolidati, si è limitato l’accesso alla formazione con il forte aumento delle tasse, si è spostato
il potere degli organi di indirizzo scientifico e politico democraticamente eletti (come il Senato
accademico e il Consiglio scientifico) ad organi di mera gestione economica. Le nuove norme
di pseudo valutazione introdotte dal Governo Monti, fondate sulla retorica della meritocrazia e
lo strumento della indicizzazione bibliometrica per orientare la carriera e gli studi
dell’accademia, finiscono incredibilmente per dare più valore alle pubblicazione su riviste
hanno posizioni liberiste (come in economia e nella materie giuridiche), mortificando così il
pensiero autonomo ed indipendente a favore di quello unico. E si sono in tal modo dischiude le
porte del mercato al business della formazione privata, indirizzando il Paese verso uno sviluppo
basato su un lavoro scarsamente qualificato, sottopagato e ricattabile in quanto facilmente
sostituibile. Invertire subito la rotta significa garantire la possibilità di formazione a tutti,
cancellando il numero chiuso come metodo di accesso all’università. Significa rifinanziare
l’intero sistema di diritto allo studio, sia per le borse di studio, in particolare per gli studenti di
dottorato il finanziamento deve essere sempre garantito, sia per le residenze studentesche, e
parte delle risorse possono essere reperite da coloro che ne hanno beneficiato eludendo fin qui il
fisco. Vanno definiti i livelli essenziali di prestazioni, prendendo ad esempio i migliori esempi
regionali, a cominciare da quello pugliese, garantendo a monte la copertura totale degli idonei.
Bisognerà svincolare la possibilità di ottenimento della borsa di studio dalla sede universitaria
prescelta, la contribuzione studentesca deve essere progressiva in base alle condizioni
economiche e patrimoniali, senza penalizzare gli studenti fuori corso, partime e lavoratori. Va
garantito il rispetto effettivo del vincolo di legge del tetto del 20% di contribuzione studentesca
rispetto al fondo di investimento ordinario e vanno potenziati tutti i programmi di formazione
presso altre università europee.
• Occorre ripristinare un livello minimo e certo di finanziamento dell’università e della ricerca.
Il finanziamento ordinario, di lungo termine, deve essere utilizzato per il funzionamento delle
strutture, la ricerca, i servizi essenziali per gli studenti. Nell’immediato è necessario eliminare
il blocco del turnover, recentemente inasprito dalla spending review. I fondi resi disponibili
dal pensionamento andranno utilizzati, per una quota del 50%, per un piano straordinario per
l’immissione in ruolo di ricercatori a tempo determinato attraverso uno speciale programma di
assunzione. La quasi totale assenza di finanziamenti privati nella ricerca, in particolare quella
sviluppata in proprio, è un fattore penalizzante per tutto il sistema e ciò comporta l’incapacità
da parte delle imprese di assorbire figure a qualifica più alta, come ad esempio i dottorati. Ecco
allora che bisogna favorire la creazione di spin-off dalla ricerca pubblica, semplificare le start-
up, puntare a progetti di finanziamento di consorzi misti pubblico/privato con un sostanziale
cofinanziamento da parte del privato e garantire agevolazioni fiscali per la promozione degli
investimenti dei privati in una ricerca di qualità.
• E’ fuori di dubbio che l’università con il “sistema del 3 più 2 si è licealizzata, chiudendosi in
una netta divisione dei saperi che l’ha condotta a specialisti e microspecialismi, buoni solo
per garantire cattedre e rendite assicurate al sistema di gestione attuale. Invece l’università
deve essere l’istituzione del sapere complesso, deve mettere in campo strategie che non
seguano il mercato del lavoro italiano, lo stesso che in questi anni ha rifiutato giovani formati
e specializzati, ma piuttosto che costituiscano a svecchiarlo, puntando sulla innovazione e la
creatività.
• L’emanazione di un testo unico su università e ricerca può fare ordine dentro il confuso quadro
normativo attuale e modificare gli aspetti più deleteri delle ultime controriforme. Bisognerà
dare potere agli organi democraticamente eletti, ampliandone al contempo la base estendendo
il potere elettivo al personale con contratto a termine. Occorre garantire la trasparenza nella
gestione dei fondi, sia nell’assegnazione che nei concorsi. Puntiamo per questo al ruolo
unico della docenza e della ricerca, garantendo ai ricercatori assunti con contratti a termine di
concorrere direttamente per l’assegnazione di fondi legati a progetti. Vanno infine aperte le
commissioni valutatrici a tutti i ruoli.
• Il liberismo ha contagiato gli istituti di formazione e tutta la pubblica amministrazione
raccontando la favola del modello aziendale come quello funzionale e vincente su tutto. Di fatto
si sono semplicemente privatizzate le istituzioni del sapere, tanto nella governance quanto nella
valutazione. Ed invece valutare università e ricerca è un punto fondamentale per garantire sia
il giusto livello dei servizi, sia per migliorare la didattica. L’ANVUR manca dell’indipendenza
necessaria ad una corretta valutazione, come manca di equità nel considerare i differenti
ambiti disciplinari e di apertura verso lo stesso mondo della ricerca. I suoi costi, inoltre, sono
stati sin qui esorbitanti e assolutamente ingiustificati. La valutazione va dunque ripensata,
nei criteri e negli scopi, così da essere indipendente, equa, inclusiva, garantendo all’insieme
della comunità scientifica la possibilità di partecipazione e rendendo pubblici i criteri di
valutazione, nonché accessibili i risultati. Essa potrà in tal modo identificare e correggere le
criticità del sistema universitario e della ricerca italiana, aprendosi agli studenti alla società in
generale, scongiurando il rischio di autoreferenzialità. Essa deve partire dal sistema nel suo
complesso, poi riguardare le strutture e infine le persone nei loro ruoli decisionali. Deve tenere
in considerazione le specificità, premiando che con poche risorse e con eticità professionale
riesce a produrre buoni risultati.

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