Piero Bevilacqua
È preliminare rammentare una banalità storica, obliata in
tempi nei quali si celebra il cosiddetto "merito" come una scoperta
recente, la ricetta per rendere più equa ed efficiente la nostra società. Dovrebbe
esser noto che tutti gli ambiti della vita sociale, pubblica e privata,
l'intera macchina dell'istituzione statale in età contemporanea, si sono
organizzati sulla base della certificazioni di competenze dei singoli.
Lavoratori, tecnici, impiegati, funzionari, dirigenti,liberi professionisti,
ecc tutti svolgono il loro compito sulla base di un sapere acquisito che viene
in vario modo accertato e valutato...
. I docenti universitari hanno svolto per
diversi secoli il loro lavoro non per nomina reale, né grazie ai buoni uffici
di qualche lobby della finanza, ma unicamente in base a valutazioni di merito
effettuate da verificatori di pari competenza. Le stesse scienze si sono
evolute sulla base di critiche e valutazioni continue nelle comunità di
appartenenza.
L'Anvur (agenzia nazionale del sistema universitario e della
ricerca) è una creazione nuova ed estranea a questo modello e alle istituzioni
valutative che lo hanno fin qui retto. Era nata per offrire al potere pubblico
criteri di valutazione della produzione scientifica degli atenei e si è
trasformata in un sistema panottico, che vuole sottoporre a vigilanza e a
criteri di misurazione generali e standardizzati l'intero universo del sapere.
II) Come tutte le innovazioni neoliberistiche di questi
anni, l'Anvur vuole trasferire e applicare in un nuovo ambito procedure e
controlli già sperimentati altrove, in genere nel mondo della produzione. È il
modo molecolare con cui il capitalismo si annette nuovi territori, per
assoggettarli alle sue finalità di valorizzazione. È in fabbrica, infatti, che
si valuta la qualità finale del prodotto con criteri necessariamente
massificati, dovendo certificare la qualità di merci seriali e standardizzate.
Ma la cultura e la scienza si esprimono in una varietà incommensurabile di
forme, linguaggi, valori. Per essere pienamente valutate, le realizzazioni
scientifiche, culturali, artistiche necessiterebbero di criteri analitici tanto
numerosi quante le singole opere da esaminare.
III) L'Anvur spinge verso la misurazione quantitativa dei
"prodotti". Nel linguaggio ministeriale, significativamente, ora si
chiamano così i titoli scientifici. A ciò inducono il sistema ed i numeri.
Possiamo giudicare anche un saggio di fisica dal dorso della rivista che lo
ospita? Come sapevano e sanno gli esperti che lavorano da una vita a questi
temi non c'è valutazione possibile senza giudizio. Senza analisi competente e
interpretazione di merito dei singoli testi. Diversamente si avrà una
misurazione puramente quantitativa, volta ad accertare se le merci uscite dal
processo produttivo hanno difetti di fabbricazione o sono vendibili.
IV) L'Anvur prosegue le ossessioni del riformatore
neoliberista: la volontà di puntare sul momento finale, "produttivo"
e quantitativo tanto della ricerca che del processo formativo. Il sistema del
3+2, accompagnato dalla valutazione con crediti numerici, serve ad accelerare
la produzione di esami in serie (e quindi di lauree in serie). Il contenuto, la
qualità dell'apprendimento sono ignorati e ridotti al calcolo delle ore
presunte di studio per preparare gli esami. Ora, analoga e sproporzionata
enfasi si pone sul momento finale della valutazione. Ma che senso ha creare una
torre di Babele burocratica, quando i riformatori da decenni non fanno nulla
per favorire la qualità della ricerca, sia in termini di finanziamento che di
innovazione nei contenuti, nel rapporto tra discipline, nelle forme
dell'organizzazione?
V) L'Anvur è un mostro burocratico che tende a ingigantirsi.
Oggi sappiamo che i sistemi quanto più si fanno grandi e complessi tanto più
diventano ingovernabili, inefficienti, occasione di spreco. Sembra un
paradosso: il credo neoliberista predica la guerra contro le burocrazie, ma
esso promuove la creazione di nuove macchine amministrative. La spiegazione è evidente:
la necessità di trascinare in una logica di efficienza produttiva mondi
multiformi e singolari, quello dei saperi e delle culture, spinge il
legislatore a costruire sempre nuovi dispositivi, procedure, gabbie per
assoggettare a criteri seriali e standardizzati ciò che per sua natura tende a
sfuggirvi.
VI) L'Agenzia è costosa. Secondo un calcolo accurato di
Giorgio Sirilli del 4 aprile 2012, apparso sulla rivista on line Roars, lo
stato spende almeno 300 milioni di euro per tenere in piedi una simile
struttura. Che tanto danaro venga impiegato per una macchina inefficiente
destinata a valutare la ricerca , mentre si si sottraggono le risorse ai
ricercatori che la realizzano, è qualcosa di più che un paradosso.
VII. La valutazione centralizzata crea una distorsione grave
della ricerca, perché gli studiosi tenderanno a subordinare i criteri liberi e
universali dei loro studi agli schemi estrinseci dei valutatori. Su questa
strada il momento della valutazione diventerà la linea guida degli studi e delle
indagini delle prossime generazioni e la libera creatività della ricerca,
l'esplorazione di ambiti e mondi ignoti, sarà castrata sul nascere.
Sull'avvenire del sapere grava l'ipoteca di un'automutilazione della mente
degli studiosi, che introietteranno gli schemi unilaterali dei valutatori come
una prescrizione pianificatoria imposta dall'alto.
VIII) L'Anvur creerà una alterazione grave del mercato
editoriale. Già oggi in Italia è assai difficile corredare di tabelle, apparati
di note, grafici, ecc. dei saggi in forma di libri e sperare di vederseli
pubblicati da case editrici di prestigio: quelle premiate dall'Anvur. Da noi
non esistono le University Press e gli studiosi debbono subordinare le loro
ambizioni espositive all'angustia del mercato editoriale. Ma il premio
valutativo che l'Anvur dà a certe case editrici e a certe riviste strozzerà più
di quanto già non sia il mondo editoriale, creando situazioni di monopolio,
generando lunghissime "liste d'attesa" , soprattutto di giovani
studiosi che devono pubblicare i loro lavori.
IX) Ma noi sappiamo quel che già accade dove il sistema
Anvur è applicato da tempo. Per pubblicare, i ricercatori ormai pagano. Si è
così creato un intreccio perverso tra pubblicazioni, carriere, business delle
riviste scientifiche. In questo sistema - ha ricordato Valeria Pinto «le
pubblicazioni sono prima di tutto "quasi monete": unità di conto per
carriere, finanziamenti, classifiche e crescono in "masse
finanziarie" tali che nessuno può più credibilmente leggerle». Un nuovo
spettro si aggira per l'Italia: una nuova sorgente di illegalità e corruzione
di cui non si avvertiva il bisogno.
X) La volontà da parte del legislatore di creare un sistema
di valutazione nazionale degli atenei è in sé ineccepibile. Le risorse messe a
disposizione dalla collettività devono dalla stessa collettività potere essere
monitorate e controllate, naturalmente con istituzioni apposite. Ma non si può
valutare il "merito" di una università solo dalle ricerche dei suoi
docenti, dal prestigio delle pubblicazioni, ecc Ma che cosa si giudica come
meritoria della produzione scientifica delle varie facoltà? L'ideologia
dominante risponde: quelle ricerche che mostrano una evidente utilità
economica, tale da giustificare gli investimenti pubblici. Ma l'università del
Molise, o quella di Foggia, possono essere giudicate solo per questo? O non
anche per il fatto che danno a un territorio marginale d'Italia una nuova
vitalità culturale e civile ( in parte anche economica) e quindi svolgono un
compito che sfugge agli schemi valutativi dell'Anvur?
dal Manifesto del 13-2-1013
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