domenica 18 novembre 2012

Contro la distruzione della scuola pubblica



Di Paola Frau   membro del Coordinamento Insegnanti Cagliari

Nel tempo sia i governi di centro e centro - destra , che i pochi governi di centro-sinistra, hanno visto  Ministeri della Pubblica Istruzione, Ministeri dell'Istruzione (senza pubblica), Miur, cioè Ministeri dell'Istruzione, Università e Ricerca, con denominazioni diverse ma sempre  impegnati  coerentemente nell'usare  la scuola come campo di battaglia per tagliare la spesa, per fare cassa, per fingere di lavorare. Riforme iniziate da un Ministro, diventate fiore all'occhiello del Ministro successore, tagli alla spesa attuati mediante pesanti sforbiciate alle classi e ai docenti, al numero di ore di permanenza i aula degli studenti . Chiunque abbia preso domicilio in Largo Trastevere si è servito della scuola per fare delle tacche sul manico della pistola, appuntare delle stelle sul petto. La domanda è la seguente :" perché sempre sulla scuola ?"...
Le risposte sono diverse: la scuola non da un prodotto immediatamente visibile e suscettibile di valutazione monetaria, e in una cultura impoverita la valutazione che interessa maggiormente, non è quella che rileva le competenze, le eccellenze, le opportunità di sviluppo, le basi del futuro di un Paese; in una cultura impoverita dall'ignoranza e ottusità dei governanti ciò che conta è il valore monetario del prodotto. Perciò ci si è persi nell’impossibilità di dare valore monetario al risultato del lavoro dentro le scuole italiane. Pensiamo a frasi come "la cultura non si mangia "e altre amenità del genere. Così anno dopo anno i tagli maggiori hanno toccato la scuola, riducendo ai minimi termini finanziamenti per il funzionamento didattico con l'alibi dell'autonomia, autonomia che, di fatto, è rimasta solo sulla carta. Le politiche di riforma della scuola sono state mascherate da tentativi morettiani di "aziendalizzare la scuola" o da "innovazioni epocali" gelminiane , mentre di fatto si sono ridotte a miseri cambiamenti di denominazione dei corsi, tagli operati senza logica al numero di ore di una materia o del totale di ore settimanali di lezione. Tutto questo mentre si è continuato a dirottare  risorse verso le scuole private. Un Paese che non cura i luoghi fisici e ideali in cui si formano le coscienze civili, in cui si diffondono i saperi rendendoli fruibili a tutti indistintamente ,luoghi in cui si opera per l'integrazione , l'accoglienza , il rispetto reciproco ,e nei quali  si costruiscono le fondamenta  della formazione e dell'educazione dei giovani , è un Paese senza futuro.  Nessuno ha protestato davanti a simile scempio, non le famiglie degli studenti , non i docenti e il resto del personale della scuola . Per questo è in uso da sempre l'abitudine a colpire noi che lavoriamo nella scuola. Tagli alle classi e alle ore di lezione , o proposte di aumento dell'orario di lezione per i quali il personale delle scuole pubbliche perde il posto di lavoro . Blocco degli scatti di anzianità e stipendi non adeguati. Contributo obbligatorio del 2,5 % sul trattamento di fine rapporto , non dovuto e che non sarà mai restituito. E ora il balletto delle 24 ore si, 24 ore no ! Un'evidente azione diversiva per distogliere l'attenzione da altri pesanti provvedimenti che continueranno ad impoverire la scuola pubblica, fino all'annientamento , azione ancora più grave e pesante se viene praticata da un governo di cosiddetti "professori" . Nella scuola si sono visti raramente movimenti di protesta unitari  e per questo motivo i governi passati e quello in carica hanno confidato sulla silenziosa sofferenza del personale della scuola , sull’indifferenza delle famiglie . Spesso sono stati i giovani a dare lezioni a noi adulti con i loro movimenti di protesta , ma non sono stati mai presi sul serio ! Ora credo sia arrivato il momento di smettere questi atteggiamenti remissivi, smettere di stare proni di fronte allo scempio della nostra scuola. Non avremo speranze se continueremo ad adattarci , a sperare che il governo ci ripensi , se continueremo a  restare divisi . Poiché siamo prima di tutto educatori, c'è da chiedersi: che valori trasmettiamo ai giovani se non siamo capaci di difendere i nostri diritti?

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