del collega Giovanni Rallo
Nel quasi totale silenzio della stampa e dei media, si svolge a Cagliari un convegno che rivela la natura di autentico colpo di Stato della presente “crisi” e illustra il modo per salvarci da un futuro anche peggiore
Nelle giornate del 27 e 28 ottobre ha avuto luogo a Cagliari, al Centro Congressi della Fiera della Sardegna, una replica del Summit nazionale MMT (già svolto a Rimini otto mesi fa e, di nuovo, il 20-21 ottobre) il cui titolo costituisce un preciso programma d’azione: Non eravamo PIIGS. Torneremo Italia. Per chi non lo sapesse, PIIGS è un acronimo formato dalle iniziali dei Paesi europei in maggiore difficoltà economica: Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia, Spagna. Pigs, in inglese, vale maiale. Programma del Summit era quello di spiegare...
come, attraverso l’applicazione della MMT (Modern Money Theory), sia possibile uscire dal drammatico avvitamento austerità-decrescita nel quale i nostri governanti ci hanno consapevolmente trascinati.
All’evento, tenacemente patrocinato dal giornalista Paolo Barnard e localmente organizzato da Daniele Basciu, hanno partecipato esperti di livello mondiale: Warren Mosler, co-fondatore della MMT e del Centro per la piena occupazione e per la stabilità dei prezzi; Mathew Forstater, direttore di quel centro ed esperto di programmi di piena occupazione chiamato dal Ministero del lavoro argentino in occasione della crisi di quel Paese nel 2000; Alain Parguez, economista già consigliere di Mitterand e docente all’Università di Besançon.
Inutile dire che la quasi totalità dei media italiani, certo non disinformati ma proni ad un potere che fa della disinformazione la sua arma migliore, ha ignorato questi eventi. Il perché lo capiremo subito dalla frase d’apertura del convegno pronunciata da Warren Mosler: “La disoccupazione è un crimine contro l’umanità”. Ciò significa, come verrà spiegato, che la disoccupazione si può evitare e che, anzi, la piena occupazione è lo scopo di uno Stato sovrano, come il caso Argentina ha dimostrato.
La questione è complessa e moltissime sarebbero le cose da dire e che non dirò per ovvii motivi di spazio. Conviene partire dalla riflessione su cosa si debba realmente intendere per moneta e quali siano i meccanismi della sua circolazione. Lo scherzoso esempio portato da Mosler è decisivo per comprendere entrambe le cose: nessuno, in una sala congressi come quella nella quale ci trovavamo, avrebbe scambiato il biglietto da visita del relatore per 20 €, nessuno avrebbe voluto un lavoro pagato con quei biglietti da visita: ovvio, non hanno valore. Ma se venisse fuori che per uscire dall’unica porta di quella sala, protetta da uomo armato al servizio del possessore dei biglietti da visita, fossero necessari, supponiamo, cinque di quei biglietti, allora essi diventerebbero di colpo appetibili e tutti cercherebbero di procurarsene: sarebbero diventati moneta. Fuor di metafora: la moneta è un mezzo di scambio che non ha valore di per sé, lo Stato (il possessore dei biglietti, in questo caso) ne è l’emettitore e può imporne l’uso attraverso la tassazione (l’uomo armato). In quanto emettitore di moneta, lo Stato può stabilire, sulla base dei bisogni sociali e pubblici individuati, quanta moneta mettere in circolazione fra i cittadini, costretti a procurarsela, anche a prestito e pagando i relativi interessi, per via del meccanismo della tassazione. Che non serve, quindi, si badi bene, a fornire allo Stato i mezzi per intervenire nella società – lo Stato può creare tutta la moneta che vuole – ma a dare valore alla moneta che, di per sé, non ne ha. Uno Stato sovrano può decidere, in caso di difficoltà economica, di RIDURRE (non AUMENTARE, come ora si sta facendo) la tassazione e lasciare più moneta nella mani dei cittadini, o EMETTERE più moneta per aumentarne la quantità in circolazione. Lo scopo è sempre funzionale al benessere pubblico non a quello di pochi privilegiati. Può anche decidere, quindi, di avere come obiettivo la PIENA OCCUPAZIONE. Questo è uno dei punti fermi della MMT ed una delle scelte principali del governo argentino nel momento più drammatico della sua crisi: in circa quattro anni l’Argentina ha ritrovato la prosperità.
Prima di proseguire rispondiamo subito all’obiezione che subito verrà fatta: ma una maggiore circolazione di denaro vuol dire inflazione e deficit. Intanto, siamo logici: uno Stato che, secondo quanto detto, spenda cento, può prelevare in tasse, per essere in pareggio, la stessa cifra? Distruggerebbe l’economia, cioè, per definizione uno Stato sovrano, per svolgere la sua funzione pubblica, DEVE essere in deficit, termine che non ha il significato negativo che potrebbe avere se applicato ad un’impresa che, NON POTENDO battere moneta, deve farsela prestare. Lo Stato non è un’impresa, come falsamente vogliono farci credere. Alcuni dati relativamente all’inflazione: nel 1980 l’Italia (ancora Stato monetariamente sovrano), considerata allora uno dei Paesi più ricchi al mondo con un tasso di risparmio privato del 25%, aveva un’inflazione del 21,2%; nel 2009 (siamo in Eurozona), con un tasso d’inflazione dello 0,9%, il risparmio era sceso al 6,8%. La potenza economica degli Usa, ancora, poggia su un costante stato di deficit. L’inflazione, insomma, non è il vero problema.
E veniamo al punto: che accade, allora, se uno Stato non è più sovrano, cioè non può più battere moneta? Semplice e drammatico: deve procurarsi la moneta come qualunque cittadino, pagarne gli interessi e cominciare a tagliare le spese. E’ quello che è accaduto con l’Unione monetaria europea: gli STATI NON POSSONO PIÙ BATTERE MONETA E DEVONO RICORRERE ALLA BCE (BANCA CENTRALE EUROPEA), CHE NON È UN ISTITUTO DI BENEFICENZA. Ecco come si spiega la macelleria sociale attualmente in atto; un po’ meno si spiegano (a meno di pensare a precise scelte demagogiche) le promesse di crescita - tra un anno, tra due anni, a fantasia – che ci vengono fatte: quale ripresa può esserci se non è lo Stato sovrano con funzione pubblica a gestire la moneta, ma una Banca che ha il solo interesse a ricavarne profitti? Il debito non potrà che crescere, come sa bene chi finisce in mano agli usurai. Non ricordo dove, ma ho letto e riporto una frase che mi pare adatta alla circostanza: “Togli il diritto e allora cosa distingue lo Stato da una grossa banda di briganti?”
Non ho parlato a caso di “diritto”. L’Unione Europea ha confezionato strumenti legislativi e istituzionali che OBBLIGANO (altro che no, come qualche ingenuo sostiene) gli Stati a ricorrere a prestiti forzati, il Trattato di Lisbona, il Fiscal Compact (grazie al quale saremo costretti a pagare 50 miliardi di euro l’anno per i prossimi vent’anni) e il Mes ne sono altrettanti esempi. Acquistano allora senso le affermazioni del professor Alain Parguez quando, annunciando l’arrivo di una sorta di neo-feudalesimo, dice che scopo della creazione dell’euro è la PRIVATIZZAZIONE DELLE STATO A BENEFICIO DELLE GRANDI CORPORATIONS. Il parlamentare europeo Nigel Farage racconta, avendo chiesto ad Angela Merkel perché non lasciare che la Grecia esca dall’Europa, di essersi sentito rispondere che sarebbe stato un pericoloso esempio per altri Stati e che l’unione europeo deve essere mantenuta a qualunque costo ECONOMICO E DEMOCRATICO. In quest’ottica lo stesso parlamentare non trova strano che, senza alcuna consultazione popolare, Papademos abbia sostituito – da un giorno all’altro – Papandreou (colpevole di volere un referendum popolare sull’uscita dall’euro) e che nello stesso modo Monti, tecnocrate da sempre al servizio delle banche, abbia sostituito, in Italia, Berlusconi.
Per bloccare sul nascere l’obiezione di complottismo che sento spuntare su labbra superficiali o, peggio, ignoranti, riporto quanto riferito da Alain Parguez – consigliere, ripeto, di Mitterand – in sede pubblica e senza mai essere stato smentito, a proposito di quanto confidatogli dall’allora direttore generale del ministero delle finanze francese, appartenente all’ordine dei Benedettini e capo della Providence francese: “Sì, l’economia francese è morta, ma non abbastanza. Professore, lei deve capire perché esiste il sistema europeo. Che cosa vogliamo? VOGLIAMO DI-STRUGGERE, PER SEMPRE, LA GENTE. VOGLIAMO CREARE UNA NUOVA TIPOLOGIA DI EUROPEO: UNA NUOVA POPOLAZIONE EUROPEA, DISPONIBILE AD ACCETTARE LA SOFFERENZA, LA POVERTÀ. UNA POPOLAZIONE DISPOSTA AD ACCETTARE SALARI INFERIORI A QUELLI CINESI. E QUESTO RAPPRESENTERÀ IL FULCRO DEL MIO IMPEGNO”.
L’obiettivo – già impostato tra le due guerre dalla peggiore destra di allora – è dunque distruggere la sovranità degli Stati per poterne controllare le economie e, poiché uno stato democratico – che esiste, cioè, in funzione del benessere dei cittadini tutti – è per definizione deficitario, occorreva privarlo del potere di battere moneta rendendolo, di conseguenza, antidemocratico: l’euro è esattamente questo, una moneta straniera alla quale siamo costretti a ricorrere, come qualunque impresa o famiglia in difficoltà. Non c’è alcuna possibilità di uscire da questo vicolo cieco se non abbandonando l’euro. E’ quello che hanno fatto gli argentini uscendo dalla gabbia del dollaro: i loro problemi erano iniziati, spiega il professor Forstater, quando era stato loro imposto il rapporto di cambio 1:1 col dollaro (1 peso = 1 dollaro), in sostanza usare il dollaro come moneta ufficiale. Alle prime difficoltà, costretti ad acquistare dollari per restituire i debiti, si sono trovati nella stessa situazione dell’Europa di oggi: privati della sovranità monetaria. Riacquistandola, avviando piani per la piena occupazione e rinviando il pagamento del debito, hanno ripristinato la loro economia e la loro dignità. Questa è, semplicemente, storia.
Che c’è, in quest’ottica, di strano se alla Fornero scappa di consigliare ai giovani di accettare qualunque lavoro, se a Monti scappa di dire che forse i governi dovrebbero decidere senza consultare i parlamenti, se la Merkel dice che bisogna rinunciare a parti di sovranità in favore delle istituzioni europee, se la crescente disoccupazione sembra non importare a nessuno, anzi?
L’ora, cari amici, è decisiva, soprattutto perché di tutto questo i media non si occupano, tutto viene fatto a nostra insaputa e, a cose fatte, avremo le mani legate. A che serviranno libere elezioni, ad esempio, se qualunque governo eletto dovrà rispettare il pareggio di bilancio e i tagli imposti dai poteri economici che lucrano sulla miseria, sapientemente accresciuta, dei popoli?
Parleremo ancora di questo e, se possibile, in sede pubblica, perché non è cosa che possa restare relegata ad una sporadica denuncia.
Gianni Rallo
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