Passata
la paura per le 24 ore, ma durerà poco, ci sono le elezioni e poi si concorderà
con i sindacati che firmeranno i contratti (se ancora si firmeranno), sindacati
che saranno sempre più la cinghia di trasmissione di tutte le nefandezze.
Si
tenga presente che una (piccola) parte degli indignati della proposta delle 24
ore sono quelli che già ora ne fanno più di 18, ma in cambio di qualche soldo,
come prevede il CCNL, (fino a 24 ore, che coincidenza, non serve un numerologo
per notarla), firmato da qualche sindacato di cui non voglio ricordare il nome
(direbbe Cervantes), e la loro paura (di quei
colleghi) è quella di perdere...
quei pochi maledetti soldi.
Fatta
la tara di questi, il nucleo più forte della protesta, voglio sperarlo, è
quello di chi ritiene che le 18 ore di lavoro siano sufficienti e che fare ore
eccedenti di lezione non è rubare ore (e soldi e vita) a degli sconosciuti
anonimi, ma a dei lavoratori precari che incontriamo a scuola e di cui
conosciamo la faccia e la fatica, professionale e umana.
A
partire dai colleghi che sono oggi nei vari gruppi autoconvocati contro le 24
ore potrebbe partire una raccolta firme, con tutti i crismi della
riconoscibilità, nome, professione, estremi di un documento, o magari solo la
scuola di appartenenza, per segnalare ai sindacati che siederanno a firmare i
contratti (che hanno efficacia verso tutti i lavoratori) una volontà generale che
può essere sintetizzata così: sono totalmente contrario alla firma di un CCNL
che preveda più di 18 ore di lavoro di cattedra per gli insegnanti, neanche volontariamente.
Sarebbe
una proposta semplice, senza se e senza ma, con il pregio della sintesi e della
chiarezza, che non preclude a organizzazioni del lavoro e delle scuole diverse
da quelle attuali.
E
servirebbe a ricordare e ricordarci che non ci si salva privatamente, con ore
in più (o col fondo distituto), ma solo insieme.
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