La fretta e l’approssimazione con cui è stata organizzata la prova
preselettiva del concorso per 11.542 posti e cattedre di personale
docente è evidente se solo si dà un’occhiata ai quiz, evidentemente
formulati per scremare in modo grossolano i 321mila iscritti al “primo
concorso dal 1999”, come hanno enfaticamente sottolineato il ministro e
media compiacenti (dimenticando che vincitori di quel concorso e persino
del precedente, del ’91, devono ancora essere immessi in ruolo)...
Una gimkana faticosa e umiliante – su batterie di assurdi quesiti di
logica e comprensione del testo – sulla quale i candidati stanno
esercitando la propria memoria e la propria resistenza esistenziale, già
spesso messa alla prova da anni di precarietà, nonostante titoli,
concorsi e idoneità acquisiti. Il costo dichiarato di un’operazione di
cui quasi nessuno sentiva il bisogno e che mette sullo stesso piano chi –
professionisti – insegna talvolta anche da più di 10 anni e chi –
legittimamente – tenta, avendone i requisiti, ammonta ad un milione di
euro.
A fronte di questa uscita, lo Stato, però, beneficerà di alcune
entrate, determinate dalla paradossale situazione che i precari
attualmente in servizio nella scuola e che faranno la prova si
troveranno ad affrontare tra pochi giorni. Il contratto non prevede a
vantaggio dei precari permessi pagati. Questo vuol dire che il giorno della prova i candidati non percepiranno salario.
Lo stipendio di un insegnante precario è di 1290 euro netti al mese.
Il salario di una giornata di lavoro, dunque, ammonta a 43 euro. Si
stima che circa 100mila tra gli iscritti al concorso siano attualmente
impegnati a scuola. Il che vuol dire che lo Stato potrebbe guadagnare
circa 4milioni e 300mila dall’operazione (se fosse la metà sarebbe
comunque uno scandalo).
Ma non è questa l’unica valutazione da fare. I permessi non retribuiti implicano il mancato riconoscimento del servizio. Vuol dire che chi prenderà il permesso, per quel giorno, rinuncerà a punteggio, contributi, anzianità.
A chi abbia la sventura di trovarsi in questa situazione, occorre
augurare di incappare in un dirigente scolastico sensibile, che –
infischiandosene della normativa – conceda un giorno di ferie ai docenti
interessati.
O che nella scuola gli insegnanti di ruolo si offrano di “coprire” il
collega assente (perché la loro assenza per concorso deve essere senza
oneri per lo Stato). Inoltre il Miur consiglia la chiusura degli
istituti sede d’esame, il che comporterà non pochi disagi. Una nota –
almeno una –positiva è l’addio a carta e penna a fini concorsuali.
Finora le aule informatizzate coinvolte nella simulazione sono state
2.517, mentre sono 2.440 quelle che hanno scaricato il software
d’installazione e 2.256 le aule che hanno provveduto a compilare la
check-list richiesta, relativa al corretto funzionamento
dell’applicativo e all’avvenuta installazione del software su tutte le
postazioni. Sta per iniziare una seconda simulazione per monitorare le
restanti 261 aule.
Continua a girare un appello del Coordinamento delle Scuole di Roma
rivolto a tutti gli insegnanti di ruolo cui è stato chiesto – per una
manciata di euro – di collaborare, attraverso l’assistenza all’esame e
le mansioni ad esso connesse. «Il Coordinamento delle Scuole di Roma
chiede a questi colleghi di rifiutarsi di svolgere qualsiasi attività
inerente al concorso in modo da lasciare il ministro senza personale e
per dimostrare che l’opposizione a tale iniziativa non riguarda soltanto
i precari ma appartiene all’intero mondo della scuola».
Trovarci da una parte o dall’altra di questo ennesimo attacco alla
scuola dello Stato è semplicemente questione anagrafica e non di merito.
E già le prove per il concorso da dirigente scolastico e i numerosi
ricorsi da esse determinati dovrebbero far riflettere sulla capacità di
organizzare prove trasparenti, davvero basate a verificare capacità e
attitudini riferibili al profilo professionale.
Sul merito e sulla valutazione, inoltre, il governo ha continuato a
darsi da fare. Il Cdm ha approva- to il 24 agosto 2012 un Dpr
sull’istituzione del sistema nazionale di valutazione in cui viene
sancito definitivamente che sarà il Ministro che definirà le strategie
educative e, attraverso l’Invalsi, «gli indicatori di efficienza e di
efficacia in base ai quali l’Snv individua le istituzioni scolastiche e
formative che necessitano di supporto e da sottoporre prioritariamente a
valutazione esterna». Si minaccia apertamente la chiusura delle scuole
non allineate, scimmiottando l’impostazione anglosassone.
La questione del concorso non è solo una faccenda dei precari. E sarebbe utile che davvero lo comprendessimo tutti.
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