Ma lo avete visto il Ministro dell’istruzione a Che tempo che fa? Ricordava l’eterno fuori posto del celebre personaggio di Carosello che ripeteva sempre: «Mi no so, mi so foresto. Par mì tuto va ben, tuto fa brodo». Tranne in un punto, difendere i finanziamenti alle private.
Lui che – preoccupato dalla montante mobilitazione della scuola
statale contro il famigerato ddl Aprea (smantellerà la scuola statale
appaltandola a lobby ideologico-mercatiste) e l’aumento del 33%
di’orario di cattedra – il 22 novembre aveva scritto sul portale del
MIUR una lettera a insegnanti e studenti per spiegare che l’Aprea non
era affar suo...
: «tale proposta è stata formulata e discussa in piena
autonomia dal Parlamento, con la partecipazione di tutte le forze
politiche. Dunque non c’è alcuna diretta responsabilità del Governo». E
«sulla vicenda dell’orario dei docenti» infilata a sorpresa nella legge
di stabilità, aveva scritto nella stessa missiva che il governo aveva
«sondato e tastato il polso», e vista la reazione negativa si era
preoccupato finanche di fare un salto in Parlamento per «dare parere
favorevole… all’emendamento soppressivo della proposta di innalzamento
dell’orario settimanale dei docenti».
Adesso nel salotto di Fazio, che lo aveva invitato lunedì 3 dicembre a
porre un qualche rimedio alle indecenti parole di Monti (la settimana
prima aveva detto che i professori sono “corporativi, conservatori,
sobillatori …” ), continuava a recitare il ruolo del fuori-luogo: il
governo taglia, ma che può farci lui. Anzi a lui gli insegnanti stanno
pure simpatici: «sono persone di grande valore, che fanno il loro lavoro
con grande passione… il primo elemento è il rispetto della figura del
docente… forma nuove generazioni… bisogna ricreare la stima nella figura
del docente (blablabla….).
«Gli insegnati sono trattati male» gli suggerisce Fazio, e Profumo
ripete «sono trattati male da troppi anni e questo probabilmente è il
problema vero… »
È talmente vero il problema che subito si smarca: «Io credo che ci
voglia un programma pluriennale che analizzi tutti i problemi della
scuola e provi a risolverli con cadenze volute…(bla abla bla..).
L’altro ospite della serata è il professor Salvatore Settis, che pone
con forza il ruolo fondamentale della scuola statale e dei suoi
insegnanti: «Occorre restituire agli insegnanti il senso immediato
dell’altissima dignità del lavoro che fanno. Sono persone che lavorano
moltissimo… E bisogna ricordarsi di questo …Dignità che si esprime non
solo nello stipendio, ma nel riconoscimento sociale». La scuola, dice, è
un «organo costituzionale come affermava Calamandrei». E denuncia le
politiche di disinvestimento: «L’Italia spende poco per la scuola,
l’università e la ricerca. .. i paesi nel tempo della crisi aumentano
gli investimenti… » cita la Francia, la Germania, gli Stati Uniti. Ma
sul ministro del governo del ce-lo-chiede-l’Europa la sollecitazione
scivola via. Non raccoglie e riattacca con i «programmi… da fare nel
tempo… con scadenze… (blablabla….). Certo, ammette «la scuola è stanca e
qualche piccolo segnale in negativo è amplificato…». Che la scuola sia
stanca è fin troppo evidente, ma che gli interventi su di essa siano un
“piccolo segnale in negativo” è inaccettabile riduzionismo.
Ma Settis incalza: «Esiste un orizzonte di diritti» e Costituzione
alla mano gli ricorda come si chiamano: «diritto allo studio, alla
salute, al lavoro…».
E aggiunge: «Oggi vogliamo rispettare la Costituzione. E vogliamo che
la rispettino soprattutto coloro che giurano su di essa»; «Esiste il
diritto alla scuola pubblica, art.33 che dice che le scuole private
devono essere senza oneri per lo Stato, articolo quotidianamente violato
anche da chi ha giurato fedeltà alla Costituzione».
Parte un calorosissimo applauso del pubblico, un fuori programma
evidentemente, perché Fazio cerca di bloccarlo con un « non perdiamo
tempo!».
Il ministro incamera ma tace, e Settis continua, «il diritto al
lavoro, l’art. 4 è il più tradito… cosa diciamo ai giovani?». Si deve
dare anche le risposte: «ma noi dobbiamo spendere per la Tav, per
autostrade inutili, per danneggiare il paesaggio». Riprova a domandare
«E per la scuola no?»
Profumo cerca di placarlo dandogli ragione, ma poi peggio di
un’anguilla: «dobbiamo recuperare risorse.. riavviare il processo,
attuare un programma pluriennale… (blablabla….). I partiti dicano il
loro programma per scuola università, ricerca…». Insomma io son di
passaggio, che volete da me…
Fazio però lo costringe a rispondere almeno sulla questione dei
finanziamenti alle private. Non mancando di dichiarare la sua scelta di
campo: «i miei figli vanno in una scuola privata!», ma per par condicio
aggiunge: «ma me la pago e non chiedo niente a nessuno!».
Il ministro che non si era smosso alla sollecitazione di prima del
prof. Settis: «Esiste il diritto alla scuola pubblica, art.33 che dice
che le scuole private devono essere senza oneri per lo Stato, articolo
quotidianamente violato anche da chi ha giurato fedeltà alla
Costituzione», adesso non può eludere la risposta. È il conduttore a
chiedergli di pronunciarsi su quel tradimento dell’art. 33 della
Costituzione. Un tradimento che il governo della spending review ha incrementato con un’aggiunta di 223 milioni, portando così la cifra totale a ben 551 milioni.
E messo alle strette, ha quasi un leggero guizzo di soddisfazione
nell’esibirsi nel tentativo abusato già dai suoi predecessori di
mescolare le carte per far apparire private anche le comunali: «nella
scuola paritaria – afferma – ci sono le scuole religiose, le comunali,
scuole diverse… con sincerità se noi non avessimo le scuole comunali che
coprono probabilmente l’80% della scuola dell’infanzia come potremmo
fare?». Peccato che si dimentichi di specificare che le comunali, sono
strutture territoriali dello stato italiano! Peccato che non specifichi
che esse sono comunque il 18,5% del totale. Quindi la parte del leone
(81,5%) è delle private che – è bene tenerlo presente – sono in
stragrande maggioranza cattoliche. Allora ci si dovrebbe anche chiedere
chi è avvantaggiato ideologicamente ed economicamente dal fatto che lo
Stato non istituisca scuole d’infanzia, contrariamente a quanto
stabilisce l’art. 33 della Costituzione che gli impone di farlo.
Maria Mantello
(7 dicembre 2012)
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