mercoledì 5 dicembre 2012

Troppe vacanze per gli insegnanti? No, troppo poca convalescenza!


di Vittorio Lodolo Dora

In alcune sfere del personale della scuola c’è grande conservatorismo e indisponibilità a fare anche due ore in più alla settimana, che avrebbero permesso di aumentare la produttività”. Così ha detto il Presidente del Consiglio Monti qualche giorno addietro alla trasmissione “Che tempo che fa” su RAI 3.
Posto che la manovra proposta dal Governo voleva caricare 6 ore (e non 2) sulle spalle dei docenti, il Professore ha dimostrato di essere succube degli stereotipi sugli insegnanti esattamente come la sciùra Maria, quella che per antonomasia chiamano anche la casalinga di Voghera. Si è pertanto riaperta su giornali e tv la ben nota diatriba sugli insegnanti fannulloni...
Questi a loro volta hanno risposto con la solita veemenza nel tentativo (mai riuscito) di dimostrare con l’orologio alla mano che le 18 ore di docenza frontale ne sottendono almeno altrettante per le mille attività correlate (correzioni, scrutini, consigli etc).
Mi sono pertanto sentito in dovere di dare il mio contributo al dibattito scrivendo al magazine Sette del Corriere della Sera, avendo letto le lettere al direttore degli ultimi 2 numeri. Non essendo certo che la mia voce troverà spazio, desidero riportare di seguito l’intervento nella speranza che lo leggano tutte le casalinghe di Voghera (insieme ai loro coniugi e a tutto vantaggio della loro prole) e la stragrande parte dell’Opinione Pubblica. Non intendo con ciò privarne la lettura ai ministri tecnici e al loro capo, anzi. A costoro chiedo, invero, per l’ennesima volta, di rispondere all’interrogazione parlamentare del 12.01.11 a firma del senatore Valditara. E se non vogliono rispondere, almeno che la leggano: servirebbe a evitare scivoloni in materia così come proposte improponibili.
Gentile direttore,
sono medico e mi occupo – unico in Italia – oramai da 20 anni della salute degli insegnanti. Sono certo che molti degli stereotipi sulla professione docente si ridimensionerebbero se solamente fossero noti almeno i dati pubblicati sulla rivista scientifica de “La Medicina del Lavoro” (N° 5/2004 e N° 3/2009): gli insegnanti risultano la categoria professionale più esposta al rischio di patologia psichiatrica. Ne sia la controprova il dato emerso nella mia ultima ricerca (ottobre u.s.) sui docenti dichiarati dai Collegi Medici come “inidonei permanentemente all’insegnamento per motivi di salute”: il 64% presentava una diagnosi psichiatrica, mentre il 17% era portatore di “disfonia cronica” (patologia per la quale è invece riconosciuta la causa di servizio). Se poi andiamo a vedere qual è la situazione negli altri Paesi, scopriamo che: in Francia e Gran Bretagna gli insegnanti fanno registrare il più alto tasso di suicidi rispetto alle altre categorie professionali; in Germania l’80% dei prepensionamenti per causa di salute avviene per malattia psichiatrica; in Giappone il 70% delle assenze per malattie dei docenti avviene in seguito a una diagnosi psichiatrica. E via discorrendo. Perchè avviene tutto ciò nonostante il cospicuo numero di giorni di ferie? Semplicemente perchè quella dell’insegnante è una “helping profession” (cioè una professione d’aiuto) basata sulla relazione. E la relazione usura “psichicamente”, soprattutto se la professione – unicità assoluta nel mondo del lavoro – prevede con la stessa utenza un rapporto quotidiano continuativo, per più ore al giorno, tutti i giorni, per 9 mesi all’anno, per cicli di 3 o 5 anni. Tralascio tutto il resto (precariato, globalizzazione, disfacimento e delega familiare, riformismo etc) che – seppur interessante – sarebbe fuorviante per il nostro discorso. Si consideri inoltre che in 20 anni siamo passati, in modo del tutto schizofrenico, da un assurdo privilegio (baby pensioni) al pensionamento a 67 anni di servizio: 5 riforme previdenziali senza nessuna valutazione delle condizioni di salute del corpo docente. Non sorprendiamoci dunque se le patologie psichiatriche sono passate nei Collegi Medici dal 30 al 70%. Lascio ai lettori immaginare se non sia quindi il caso di affrontare seriamente una questione che vede direttamente coinvolti i nostri figli piuttosto che trastullarci con antiquati stereotipi in nuove discussioni. Chi volesse approfondire la materia è invitato a visitare il blog www.burnout.orizzontescuola.it o a leggersi il mio ultimo testo “Pazzi per la Scuola” (Alpes Italia Edizioni 2010).

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