di Vittorio Lodolo Dora
In alcune sfere del personale della scuola c’è grande
conservatorismo e indisponibilità a fare anche due ore in più alla
settimana, che avrebbero permesso di aumentare la produttività”. Così ha detto il Presidente del Consiglio Monti qualche giorno addietro alla trasmissione “Che tempo che fa” su RAI 3.
Posto che la manovra proposta dal Governo voleva caricare 6 ore (e
non 2) sulle spalle dei docenti, il Professore ha dimostrato di essere
succube degli stereotipi sugli insegnanti esattamente come la sciùra
Maria, quella che per antonomasia chiamano anche la casalinga di Voghera. Si è pertanto riaperta su giornali e tv la ben nota diatriba sugli insegnanti fannulloni...
Questi a loro volta hanno risposto con la solita veemenza nel tentativo
(mai riuscito) di dimostrare con l’orologio alla mano che le 18 ore di
docenza frontale ne sottendono almeno altrettante per le mille attività
correlate (correzioni, scrutini, consigli etc).Mi sono pertanto sentito in dovere di dare il mio contributo al dibattito scrivendo al magazine Sette del Corriere della Sera, avendo letto le lettere al direttore degli ultimi 2 numeri. Non essendo certo che la mia voce troverà spazio, desidero riportare di seguito l’intervento nella speranza che lo leggano tutte le casalinghe di Voghera (insieme ai loro coniugi e a tutto vantaggio della loro prole) e la stragrande parte dell’Opinione Pubblica. Non intendo con ciò privarne la lettura ai ministri tecnici e al loro capo, anzi. A costoro chiedo, invero, per l’ennesima volta, di rispondere all’interrogazione parlamentare del 12.01.11 a firma del senatore Valditara. E se non vogliono rispondere, almeno che la leggano: servirebbe a evitare scivoloni in materia così come proposte improponibili.
Gentile direttore,
sono medico e mi occupo – unico in Italia – oramai da 20 anni della
salute degli insegnanti. Sono certo che molti degli stereotipi sulla
professione docente si ridimensionerebbero se solamente fossero noti
almeno i dati pubblicati sulla rivista scientifica de “La Medicina del
Lavoro” (N° 5/2004 e N° 3/2009): gli insegnanti risultano la categoria
professionale più esposta al rischio di patologia psichiatrica. Ne sia
la controprova il dato emerso nella mia ultima ricerca (ottobre u.s.)
sui docenti dichiarati dai Collegi Medici come “inidonei permanentemente
all’insegnamento per motivi di salute”: il 64% presentava una diagnosi
psichiatrica, mentre il 17% era portatore di “disfonia cronica”
(patologia per la quale è invece riconosciuta la causa di servizio). Se
poi andiamo a vedere qual è la situazione negli altri Paesi, scopriamo
che: in Francia e Gran Bretagna gli insegnanti fanno registrare il più
alto tasso di suicidi rispetto alle altre categorie professionali; in
Germania l’80% dei prepensionamenti per causa di salute avviene per
malattia psichiatrica; in Giappone il 70% delle assenze per malattie dei
docenti avviene in seguito a una diagnosi psichiatrica. E via
discorrendo. Perchè avviene tutto ciò nonostante il cospicuo numero di
giorni di ferie? Semplicemente perchè quella dell’insegnante è una
“helping profession” (cioè una professione d’aiuto) basata sulla
relazione. E la relazione usura “psichicamente”, soprattutto se la
professione – unicità assoluta nel mondo del lavoro – prevede con la
stessa utenza un rapporto quotidiano continuativo, per più ore al
giorno, tutti i giorni, per 9 mesi all’anno, per cicli di 3 o 5 anni.
Tralascio tutto il resto (precariato, globalizzazione, disfacimento e
delega familiare, riformismo etc) che – seppur interessante – sarebbe
fuorviante per il nostro discorso. Si consideri inoltre che in 20 anni
siamo passati, in modo del tutto schizofrenico, da un assurdo privilegio
(baby pensioni) al pensionamento a 67 anni di servizio: 5 riforme
previdenziali senza nessuna valutazione delle condizioni di salute del
corpo docente. Non sorprendiamoci dunque se le patologie psichiatriche
sono passate nei Collegi Medici dal 30 al 70%. Lascio ai lettori
immaginare se non sia quindi il caso di affrontare seriamente una
questione che vede direttamente coinvolti i nostri figli piuttosto che
trastullarci con antiquati stereotipi in nuove discussioni. Chi volesse
approfondire la materia è invitato a visitare il blog
www.burnout.orizzontescuola.it o a leggersi il mio ultimo testo “Pazzi
per la Scuola” (Alpes Italia Edizioni 2010).
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