mario-monti-supposta
1. L'AMMIRAGLIO SUDARIO MONTI COMPRA DUE SOMMERGIBILI DA 2 MILIARDI DI EURO DI FABBRICAZIONE TEDESCA
Daniele Martini per "Il Fatto Quotidiano"
Pensioni, ospedali e scuole sì. Cacciabombardieri, sommergibili e siluri no. Chissà perché in Italia da un po' di tempo a questa parte si può tagliare di tutto, senza esitare a mettere per strada centinaia di migliaia di esodati, per esempio, o fino al punto da indurre i direttori amministrativi degli ospedali a "suggerire" ai medici di prescrivere ai malati le cure meno care e non le più efficaci. Ma quando si arriva di fronte alle armi i governi come d'incanto smettono la faccia feroce e diventano accondiscendenti e rispettosi come indù al cospetto di vacche sacre e i quattrini gira e rigira riescono sempre a trovarli...
Daniele Martini per "Il Fatto Quotidiano"
Pensioni, ospedali e scuole sì. Cacciabombardieri, sommergibili e siluri no. Chissà perché in Italia da un po' di tempo a questa parte si può tagliare di tutto, senza esitare a mettere per strada centinaia di migliaia di esodati, per esempio, o fino al punto da indurre i direttori amministrativi degli ospedali a "suggerire" ai medici di prescrivere ai malati le cure meno care e non le più efficaci. Ma quando si arriva di fronte alle armi i governi come d'incanto smettono la faccia feroce e diventano accondiscendenti e rispettosi come indù al cospetto di vacche sacre e i quattrini gira e rigira riescono sempre a trovarli...
SOMMERGIBILE U-212 TODARO
L'ultimo caso lo ha sollevato quasi per caso lunedì sera, durante
Piazzapulita su La7, l'ex ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, il
quale ha ricordato che tra le spese militari pesanti dell'Italia in
questo momento non ci sono solo i 900 milioni di euro per rifinanziare
le missioni all'estero, a cominciare da quella in Afghanistan, o i
discussi e sofisticatissimi F-35, i cacciabombardieri più costosi di
tutta la storia dell'aeronautica militare. Ci sono anche due
sommergibili di "ultima generazione" della classe U 212, detta anche
classe Todaro.
MARIO MONTI CON IL SUO PETTINE
Due battelli, come dicono in gergo, che costano quasi 1 miliardo di
euro, che sommato all'altro miliardo già speso per altre 2 unità già
entrate in esercizio e con base a Taranto, fanno 2 miliardi. Tanto per
avere un ordine di grandezza, è una somma pari a circa la metà di quanto
gli italiani hanno dovuto pagare di Imu sulla prima e in moltissimi
casi unica casa di proprietà. E una tranche da 168 milioni è stata
inserita nella legge di stabilità, varata sotto Natale.
Il programma degli U 212 va avanti da quasi vent'anni e quindi tutti i
governi della Seconda Repubblica, di centrodestra, centrosinistra e
tecnici, ci hanno messo lo zampino, compreso quelli in cui Tremonti era
ministro e non escluso l'esecutivo di Mario Monti con l'ammiraglio
Giampaolo Di Paola alla Difesa, che non hanno mosso ciglio di fronte
alla conferma delle ingenti spese. Il primo sommergibile battezzato
Salvatore Todaro fu consegnato alla Marina militare il 29 marzo 2006, il
secondo un anno dopo, mentre nel 2009 è stato dato il via alla fase 2
del piano, cioè la costruzione di altri 2 sommergibili, frutto di una
collaborazione italo-tedesca.
Di Paola
Gli italiani partecipano con gli stabilimenti Fincantieri di Muggiano
alla periferia di La Spezia e i tedeschi con il consorzio Arge in cui
spiccano i produttori di acciaio Thyssen Krupp, tristemente famosi per
il rogo nella fabbrica di Torino in cui morirono sette operai e per il
quale è stato condannato l'amministratore dello stabilimento. Il 9
dicembre 2009 nei cantieri spezzini, alla presenza di "autorità, civili,
militari e religiose" è stata celebrata la cerimonia del "taglio della
prima lamiera" del battello che porterà la matricola S 528.
Giulio Tremonti
Secondo informazioni della Difesa, fino a 6 mesi fa era stato
costruito meno della metà di quel primo sommergibile (il 43 per cento,
per l'esattezza), mentre non era stata avviata l'impostazione e tagliata
mezza lamiera del secondo il cui termine ultimo di consegna, compreso
un anno di prove in mare, è fissato addirittura per il 2017. Al
ministero della Difesa sostengono che qualsiasi cambio di indirizzo in
corsa sarebbe intempestivo e inopportuno perché i contratti sono
siglati.
Volendo, però, e ammesso che da qualche parte qualcuno abbia la
volontà politica di farlo, si potrebbe anche fermare in extremis la
costruzione dell'ultimo sottomarino della serie, con un risparmio di
circa mezzo miliardo di euro, in considerazione del fatto che da quando
fu decisa la sua realizzazione a oggi di cose ne sono cambiate
parecchie, e non in meglio per quanto riguarda le condizioni dei conti
pubblici e degli italiani in generale a cui continuano ad essere
richiesti sacrifici feroci.
TREMONTI MONTI
In altri paesi dimostrano atteggiamenti molto più "laici" nei
confronti delle spese militari, non esitando a metterle in discussione, a
ridurle o a tagliarle del tutto quando lo considerano opportuno e di
fronte ad altre esigenze ritenute più importanti. Caso emblematico di
questo approccio pragmatico è quello del governo conservatore canadese
che ha deciso di porre un freno al programma dei cacciabombardieri F-35
considerando fosse necessaria una fase di ripensamento visti i costi
crescenti e molto elevati dell'operazione e constatati i difetti
dell'aereo emersi in fase di realizzazione e di prova.
2 - ARMAMENTI E TAGLI MANCATI, IL GOVERNO HA INDOSSATO L'ELMETTO
Thomas Mackinson per il "Fatto quotidiano"
Thomas Mackinson per il "Fatto quotidiano"
monti merkel
C'è un settore della spesa pubblica che va a gonfie vele e purtroppo
non è la scuola, non è la sanità. In contro-tendenza con tutti gli altri
comparti, quello della Difesa nel 2012 ha subito meno tagli e ha
ricevuto più fondi, forte di un doppio trattamento di favore che è
proseguito fino all'ultimo, con una serie di colpi di coda che fanno
discutere. L'ultimo si è consumato il 28 dicembre scorso con la proroga -
quasi in sordina e a governo ormai dimissionato - delle missioni
internazionali.
ANGELA MERKEL E MARIO MONTI
Un provvedimento di solito accompagnato da forti tensioni e polemiche
ma passato stavolta sotto silenzio, nonostante si portasse in pancia un
vero e proprio giallo sui numeri. A prima vista il decreto sembra
infatti ridurre la spesa rispetto al passato. Il budget messo sul tavolo
dal governo è stato infatti pari a 935 milioni, inferiore di mezzo
miliardo rispetto a quello del 2012. Il testo pubblicato in Gazzetta,
però, indica che la copertura finanziaria alle operazioni militari è
relativa soltanto ai primi nove mesi dell'anno, cioè fino al 30
settembre 2013.
Insomma, alla fine dei conti il risparmio potrebbe essere solo sulla
carta, un taglio col trucco. Un epilogo molto simile a quello dei tagli
generali alla spesa strutturata del comparto difesa, anch'essi oggetto
di fortissime polemiche, sia in Parlamento che fuori. Quelli di Tremonti
prima e la spending review poi, si sa, sono stati "congelati"
temporaneamente in vista della riforma dell'intero comparto. Quella che
il generale Di Paola ha scritto per un anno e la Camera ha votato
(distrattamente) il 12 dicembre, mentre fuori da Montecitorio le
associazioni per il disarmo e i radicali protestavano inascoltati.
MERKEL MONTI
Contestavano al governo metodo e merito: gli eventuali risparmi che
si otterranno da questa operazione, sbandierata come una rivoluzione
epocale, non torneranno affatto alle casse dello Stato, non
contribuiranno per nulla al risanamento del debito pubblico o a
garantire più servizi ai cittadini. Quelle risorse, a differenza dei
tagli degli altri settori, resteranno a disposizione della Difesa e
saranno impiegate per finanziare l'acquisto di nuovi sistemi d'arma,
compresi i contestatissimi F35 che costeranno 15 miliardi di euro.
La loro riduzione, urlata a gran voce e da più parti, si è fermata a
41 esemplari. Di novanta, a quanto pare, non si poteva proprio fare a
meno. Dunque anche a questo servirà la riduzione di 43mila unità, il 25%
del personale civile e militare attualmente impiegato nella difesa.
Idem per i frutti, molto incerti, del fantomatico piano di vendita del
30% delle caserme che dovrebbe andare a compimento in cinque anni.
Quello che si profila, stanti questi fondamentali, è un'escalation di
investimenti nell'industria bellica nei prossimi 10-15 anni. Sulla cui
assoluta necessità per il nostro Paese si dibatte da tempo.
Qualcuno, e non è la prima volta, sta mettendo in dubbio anche le
reali "performance" delle nostre industrie. Le associazioni pacifiste,
ad esempio, hanno confrontato i dati sull'export dichiarati nella
relazione al Parlamento e quelli contenuti nel Rapporto annuale
dell'Unione Europea. E hanno scoperto una curiosa incoerenza tra i
numeri: nel 2011 l'Italia avrebbe esportato armi e sistemi di difesa per
2,6 miliardi, per la Ue "appena" uno.
CACCIA F35
Delle due l'una, o i dati sono ampiamente inattendibili o i ritorni
degli investimenti militari non sono poi così certi, come ostentato da
un governo che ha continuato a indossare l'elmetto. Materia di
riflessione per la nuova legislatura. E infine ecco un altro colpo di
coda, stavolta assestato dalla casta con le stellette: l'ausiliaria per
generali e ammiragli in congedo, una sorta di indennità di chiamata, nel
2013 salirà del 21%, con un costo aggiuntivo per i contribuenti civili
di 74 milioni di euro.
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