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martedì 8 gennaio 2013

Non esistono scuole migliori… e le piogge sono sempre salutari


di Maurizio Tiriticco
Di ritorno dalle vacanze ci siamo trovati questo bel regalino della Befana! E così pare che il miglior modo per far funzionare le nostre scuole, o meglio, per dirlo in forma più corretta, il nostro Sistema Educativo di Istruzione e Formazione (legge 53/03, art. 2)– e la differenza terminologica non è affatto cosa da poco, sperando che chi ci amministra ne sappia qualcosa – sia quello di “premiare i migliori”! Ebbene! Sono assolutamente contrario, essenzialmente per due motivi...
, uno teorico – se si può dir così – l’altro relativo al nostro… italico costume! In materia di educazione, formazione e istruzione – e si tratta di tre concetti forti su cui ci siamo impegnati a lavorare quando abbiamo optato per la scuola dell’autonomia (dpr 275/99, art. 1) [1] – le variabili in gioco sono molteplici e non tutte riconducibili a fattori oggettivamente rilevabili, accertabili e misurabili! Figuriamoci se poi si dovesse passare a una valutazione vera e propria di sistema con tutte le ulteriori variabili da considerare! Parole grosse, Valutazione, Sistema, e concetti ancora più grossi, a fronte dei quali le nostre istanze amministrative e quelle che più propriamente attendono ai processi realizzati dalle istituzioni scolastiche sono, come si suol dire, alle prime armi.
Ma che cosa significa dire che una scuola è migliore di un’altra? Le scuole non producono saponette o coltelli! E’ ovvio che, se una saponetta non lava o se un coltello non taglia, qualcosa nella fabbrica non ha funzionato! E lo dico con tutto il beneficio di inventario, perché anche nelle aziende più accreditate la valutazione dei processi e dei prodotti non è cosa agevole. L’esempio delle saponette e dei coltelli ci conduce a oggetti, per certi versi, semplici. Se poi si tratta di un’automobile o di una Costa Crociere, la questione valutativa si fa ben più complessa! E si pensi, poi, alla implicazioni che insorgono se un’automobile esce fuori strada o se una nave affonda! Difetti di costruzione? Imperizia umana? E via dicendo…
Gli oggetti che una scuola produce non sono saponette né navi e i tempi di produzione – se si può dir così – sono assolutamente non quantificabili! E sono molto più lunghi anche di quelli che occorrono per una nave! Un essere umano “si produce” dalla nascita alla maturità ed anche oltre! Quanti scrittori sono stati bocciati agli esami di maturità! E quanti pianisti di fama non hanno superato le prove finali di conservatorio! Errori di valutazione? Il fattore tempo è una variabile fondamentale per un essere umano, un fattore che ha un’altra valenza, in genere determinabile, per quanto riguarda un oggetto: si pensi alle scadenze che riguardano i prodotti alimentari. Ma per un bambino – chiamato riduttivamente alunno nella scuola – è estremamente difficile fare predizioni per il suo futuro! Le variabili che incidono nel suo sviluppo/crescita e nel suo apprendimento sono infinite: in una data materia può andare oggi “malissimo” e “benissimo” domani, e non è sempre agevole comprenderne le ragioni: dipende dai contenuti di studio? Dal suo livello di maturazione? Dal suo stato di salute? Dall’insegnante? Dalla famiglia? Eppure, sembrerebbero oggetti semplici da valutare!
Il che significa qualcosa: che la scuola stessa, seppur deputata a farlo, non sempre è in grado di valutare correttamente! Com’è noto, da quando sulle scuole sono piovute le prove Invalsi è scoppiato il finimondo! Ma ci siamo chiesti il perché?! Pur dando per buone prove e procedure adottate dall’Invalsi,[2] ci si è mai chiesti in modo serio le ragioni per cui scuole, insegnanti, studenti nella grande maggioranza o le hanno rifiutate o accettate obtorto collo? La ragione è semplice: una cultura della valutazione nelle scuole non è affatto diffusa; è significativo il solo fatto che molti insegnanti ancora si gingillano con i sei meno e i cinque più quando la norma – che è anche della fine dell’Ottocento – “predica” che i dieci voti debbono essere utilizzati tutti e solo per intero! Un’amministrazione che da decenni non è stata capace di promuovere una cultura della valutazione nei propri addetti e nelle proprie istituzioni, sarà in grado di adottare criteri di valutazione per valutarle? Basti un solo esempio: gli sforzi che abbiamo compiuto per abolire i voti nella scuola dell’obbligo fin dal lontano 1977, augurandoci di giungere a un nuovo sistema di valutazione anche nel secondo ciclo di istruzione, sono stati vanificati dal ritorno ai voti imposto dal duo Tremonti-Gelmini! Che affidabilità ci può dare un’amministrazione che va indietro invece di andare avanti e non sa bene quello che fa?
D’altra parte, è sacrosantamente vero che le scuole hanno bisogno di soldi “a pioggia” come si suol dire! Non è affatto riduttiva questa espressione, se i soldi “piovono” per il semplice e normale funzionamento! Sono anni che le scuole sono costrette alla sete! Che cosa significa, allora, dare soldi solo ai migliori? Non sarebbe invece il caso di darli ai peggiori, perché sono questi che hanno bisogno di essere sostenuti, rafforzati, incentivati? Con nuove strutture, attrezzature, strumentazioni didattiche, formazione continua del personale, ecc.
In un Paese civile non si ricattano le scuole! “Se promuovi, ti premio! Se bocci, non ti finanzio!” In un Paese civile l’istruzione è e deve essere al primo posto! Con questa invenzione del premio ai migliori la Costituzione è carta straccia! “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”: così recita l’articolo Cost. 9; ma si vedano anche gli articoli 2 e 3 e 34, che modificheremo così: “La scuola è aperta a tutti quelli che se la meritano”! Ma il merito come si acquisisce? Mah! E’ forse un dono divino! La Repubblica non c’entra: non è materia sua! Allora, a che serve blaterare ormai da anni che siamo entrati nella società della conoscenza, che conoscenze e competenze sono le condizioni per lo sviluppo, quando scientemente si sceglie che ci sono scuole di serie A che vanno incentivate e scuole di serie B che vanno abbandonate a se stesse? Mi ricordo una vecchia barzelletta: “Studio medico, cartello: Si riparano gobbe. Tutti i gobbi del paese si affollano nella sala d’aspetto. L’infermiere apre la porta dell’ambulatorio e chiama: Avanti il primo! Dopo una mezz’ora, si riapre la porta e l’infermiere chiama: Avanti il secondo! Il secondo gobbo chiede: E il primo? Risposta: Il primo si è rotto!” E allora, che ne faremo delle scuole di serie B?
Il secondo motivo di preoccupazione riguarda l’italico costume e non è affatto banale. Chi ci garantisce che nelle scuole “peggiori” non si correrà a promuovere sempre e comunque per accedere alla fascia dei privilegiati? Veramente un dieci sarà “eguale” a un altro dieci? Accadrà che, invece di avviare una buona volta una cultura della valutazione, si solleciterà il malcostume nostrano che ancora – non so per quale fortunato caso – non ha interessato il nostro Sistema Educativo di Istruzione e Formazione. Sembra che non ci sia apparato istituzionale e amministrativo che non sia corrotto oggi, dagli scanni parlamentari a tutte le amministrazioni periferiche! Vogliamo che anche nella scuola si implementino voti alti, comunque e sempre, per ottenere il necessario per sopravvivere?
Auspico soltanto che questo comma 149 della Legge della cosiddetta Stabilità non destabilizzi ancora di più la nostra scuola… pardon, il nostro Sistema Educativo di Istruzione e Formazione! Se ancora vogliamo chiamarlo così! E’ forse un eufemismo?



[1] Si noti che il termine “formazione”, di cui alla legge 53/03 allude alla formazione professionale regionale, la quale, insieme al sistema di istruzione delle scuole pubbliche (statali e paritarie) fa parte dell’intero macrosistema che attende allo sviluppo delle competenze culturali, preprofessionali e professionali della popolazione, anche in chiave di “diritto/dovere all’istruzione e alla formazione per tutta la vita”. Invece, il termine “formazione”, di cui all’articolo 2 del dpr 275/99, riguarda la formazione della persona in quanto tale, perché il dpr riguarda solo le istituzioni scolastiche e non le istituzioni formative regionali. Si tratta di una distinzione di non poco conto e che occorre considerare per non cadere in spiacevoli equivoci. Se veramente si vuole attendere al varo di una valutazione di sistema, è più che opportuno avere chiarezza anche sulle parole/concetto che vengono utilizzate. Quindi, è bene ricordare che l’istruzione riguarda l’area degli insegnamenti/apprendimenti disciplinari, l’educazione l’area della responsabilità civica. Non è un caso che “l’elevamento dell’obbligo di istruzione a dieci anni intende favorire il pieno sviluppo della persona nella costruzione del sé (esito della formazione), di corrette e significative relazioni con gli altri (esito dell’educazione) e di una positiva interazione con la realtà esterna (esito dell’istruzione)”. Così recita l’incipit dell’allegato 2 al dm 139/07, il Regolamento che detta norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione.
[2] Sulla questione delle prove Invalsi rinvio ad altre mie riflessioni. Comunque, io sono per le prove, ma a due condizioni: che siano “ben fatte” e non inducano in equivoci; e che siano inserite in un piano di valutazione di sistema condiviso dalle istituzioni scolastiche e con esse concordato. E questo è un terreno tutto da costruire e da percorrere.

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