da la Repubblica
Filippo Santelli
I giovani cercano, scoraggiati. Ma cercano anche molte aziende. Solo
che il ragazzo giusto da assumere, spesso, non si trova. Specie il
super-tecnico, il lavoratore specializzato pronto da inserire. Nel 2011,
certifica Unioncamere, 117mila profili, quasi il 20%, sono stati «di
difficile o impossibile reperimento»...
E’ per correggere questo
squilibrio di competenze, domandate e offerte, che sono nati gli Its,
Istituti tecnici superiori. Più avanzati degli istituti professionali,
ci si iscrive dopo il diploma. Più pratici di un’università, perché
basati sull’alternanza tra teoria e lavoro. E focalizzati sulle esigenze
delle aziende, che scrivono il programma insieme a scuole e università,
unite in una fondazione. Mettendo a disposizione insegnanti, laboratori
e tirocini. I corsi durano due anni, si paga solo una tassa di
iscrizione. Ad oggi in Italia ne sono nati 72, tutti legati alle
esigenze del territorio. Dalla logistica di Verona, alle calzature di
Fermo. Dai sistemi aeronautici in Piemonte, al Turismo a Sassari.
«L’idea è quella di allineare il mondo della formazione e quello della
produzione », spiega il sottosegretario all’Istruzione Elena Ugolini. Un
modello destinato a consolidarsi: tra molti tagli, la legge di
stabilità approvata a dicembre ha creato un fondo specifico di 14
milioni di euro l’anno. A cui si aggiungono i soldi di enti locali e
imprese. Le prime indicazioni sono positive. «Ancora prima di finire la
formazione il 70% dei nostri studenti ha già ricevuto un’offerta di
lavoro», racconta Raffaele Trivilino, direttore del Consorzio automotive
di Chieti. L’associazione, nata attorno allo stabilimento Fiat e il suo
indotto, raccoglie quasi 80 società della Regione. Due le figure
formate, un tecnico esperto in sistemi produttivi, tra cui il World
class manufacturing usato dal Lingotto, e uno nella manutenzione. Il
settore è in crisi, ma questo non spaventa Trivilino: «Grazie al legame
con l’università, stiamo formando lavoratori addestrati sulle tecnologie
che verranno, con una prospettiva a dieci anni». La possibilità di
ricalibrare l’offerta di biennio in biennio è una caratteristica degli
Its. Una necessità, visto che l’accesso ai fondi ministeriali è legato a
criteri come attrattività dei corsi e numero di aziende coinvolte,
valutati ogni anno da una commissione del Miur. Nel caso dell’Its per la
calzatura di Fermo, che forma tecnici di prodotto ed esperti
commerciali, sono i grandi produttori delle Marche, ma anche alcuni
laboratori di Napoli. Mentre il corso per la logistica di Verona, finora
modulato sulle esigenze dell’interporto cittadino, dal 2013 attiverà un
percorso orientato al porto di Venezia. Tra i fattori monitorati dal
Miur ci sarà anche il tasso di occupazione dei diplomati. Per l’unico
istituto che ha già “laureato” una classe, quello nautico di Genova per
ufficiali di marina e di coperta, è prossimo al 100%. «Ora aspettiamo le
statistiche per gli altri che arriveranno a fine anno — dice Ugolini —
ma il nostro obiettivo è portare le aziende ad assumere i ragazzi in
apprendistato già dal secondo tirocinio, ancora prima di finire la
formazione ». Senza contare la possibilità per gli studenti di mettersi
in proprio, come hanno deciso di fare tre ragazzi dell’istituto di
Padova, tecnici per l’efficienza energetica. Un accordo firmato a
dicembre tra Stato e Regioni individua sette aree industriali
strategiche: agroalimentare, artigianato, meccanica, cultura, turismo,
logistica e servizi alla persona. Ogni Regione potrà avere al massimo un
Its per ogni settore. Spesso a fare da traino sono le grandi
multinazionali: Finmeccanica, per esempio, partecipa attraverso le sue
controllate a sette fondazioni Its in tutta Italia, per formare tecnici
ferroviari a Caserta o aeronautici a Torino. Ma attorno alle scuole, o
anche in modo indipendente, dal 2013 le Regioni potranno creare dei Poli
tecnici professionali, reti estese di istituti superiori e aziende. «In
modo che l’alternanza scuolalavoro inizi già alla scuola dell’obbligo
», conclude Ugolini. «E che anche le piccole imprese, dividendo costi e
incombenze, possano accogliere tirocinanti».
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