Non esistono scuole migliori…e le piogge sono sempre salutari
dal Comitato Scuola Pubblica
di Maurizio Tiriticco
In un Paese civile non si ricattano le scuole! “Se promuovi, ti premio!
Se bocci, non ti finanzio!” In un Paese civile l’istruzione è e deve
essere al primo posto! Con questa invenzione del premio ai migliori la
Costituzione è carta straccia!...
Di ritorno dalle vacanze ci siamo
trovati questo bel regalino della Befana! E così pare che il miglior
modo per far funzionare le nostre scuole, o meglio, per dirlo in forma
più corretta, il nostro Sistema Educativo di Istruzione e
Formazione (legge 53/03, art. 2) – e la differenza terminologica non è
affatto cosa da poco, sperando che chi ci amministra ne sappia qualcosa –
sia quello di “premiare i migliori”! Ebbene! Sono assolutamente
contrario, essenzialmente per due motivi, uno teorico – se si può dir
così – l’altro relativo al nostro… italico costume! In materia di
educazione, formazione e istruzione – e si tratta di tre concetti forti
su cui ci siamo impegnati a lavorare quando abbiamo optato per la scuola
dell’autonomia (dpr 275/99, art. 1) – le variabili in gioco sono
molteplici e non tutte riconducibili a fattori oggettivamente
rilevabili, accertabili e misurabili! Figuriamoci se poi si dovesse
passare a una valutazione vera e propria di sistema con tutte le
ulteriori variabili da considerare! Parole grosse, Valutazione, Sistema,
e concetti ancora più grossi, a fronte dei quali le nostre istanze
amministrative e quelle che più propriamente attendono ai processi
realizzati dalle istituzioni scolastiche sono, come si suol dire, alle
prime armi.
Ma che cosa significa dire che una scuola è migliore di
un’altra? Le scuole non producono saponette o coltelli! E’ ovvio che, se
una saponetta non lava o se un coltello non taglia, qualcosa nella
fabbrica non ha funzionato! E lo dico con tutto il beneficio di
inventario, perché anche nelle aziende più accreditate la valutazione
dei processi e dei prodotti non è cosa agevole. L’esempio delle
saponette e dei coltelli ci conduce a oggetti, per certi versi,
semplici. Se poi si tratta di un’automobile o di una Costa Crociere, la
questione valutativa si fa ben più complessa! E si pensi, poi, alla
implicazioni che insorgono se un’automobile esce fuori strada o se una
nave affonda! Difetti di costruzione? Imperizia umana? E via dicendo…
Gli oggetti che una scuola produce non sono saponette né navi e i tempi
di produzione – se si può dir così – sono assolutamente non
quantificabili! E sono molto più lunghi anche di quelli che occorrono
per una nave! Un essere umano “si produce” dalla nascita alla maturità
ed anche oltre! Quanti scrittori sono stati bocciati agli esami di
maturità! E quanti pianisti di fama non hanno superato le prove finali
di conservatorio! Errori di valutazione? Il fattore tempo è una
variabile fondamentale per un essere umano, un fattore che ha un’altra
valenza, in genere determinabile, per quanto riguarda un oggetto: si
pensi alle scadenze che riguardano i prodotti alimentari. Ma per un
bambino – chiamato riduttivamente alunno nella scuola – è estremamente
difficile fare predizioni per il suo futuro! Le variabili che incidono
nel suo sviluppo/crescita e nel suo apprendimento sono infinite: in una
data materia può andare oggi “malissimo” e “benissimo” domani, e non è
sempre agevole comprenderne le ragioni: dipende dai contenuti di studio?
Dal suo livello di maturazione? Dal suo stato di salute?
Dall’insegnante? Dalla famiglia? Eppure, sembrerebbero oggetti semplici
da valutare!
Il che significa qualcosa: che la scuola stessa, seppur
deputata a farlo, non sempre è in grado di valutare correttamente!
Com’è noto, da quando sulle scuole sono piovute le prove Invalsi è
scoppiato il finimondo! Ma ci siamo chiesti il perché?! Pur dando per
buone prove e procedure adottate dall’Invalsi, ci si è mai chiesti in
modo serio le ragioni per cui scuole, insegnanti, studenti nella grande
maggioranza o le hanno rifiutate o accettate obtorto collo? La ragione è
semplice: una cultura della valutazione nelle scuole non è affatto
diffusa; è significativo il solo fatto che molti insegnanti ancora si
gingillano con i sei meno e i cinque più quando la norma – che è anche
della fine dell’Ottocento – “predica” che i dieci voti debbono essere
utilizzati tutti e solo per intero! Un’amministrazione che da decenni
non è stata capace di promuovere una cultura della valutazione nei
propri addetti e nelle proprie istituzioni, sarà in grado di adottare
criteri di valutazione per valutarle? Basti un solo esempio: gli sforzi
che abbiamo compiuto per abolire i voti nella scuola dell’obbligo fin
dal lontano 1977, augurandoci di giungere a un nuovo sistema di
valutazione anche nel secondo ciclo di istruzione, sono stati vanificati
dal ritorno ai voti imposto dal duo Tremonti-Gelmini! Che affidabilità
ci può dare un’amministrazione che va indietro invece di andare avanti e
non sa bene quello che fa?
D’altra parte, è sacrosantamente vero
che le scuole hanno bisogno di soldi “a pioggia” come si suol dire! Non è
affatto riduttiva questa espressione, se i soldi “piovono” per il
semplice e normale funzionamento! Sono anni che le scuole sono costrette
alla sete! Che cosa significa, allora, dare soldi solo ai migliori? Non
sarebbe invece il caso di darli ai peggiori, perché sono questi che
hanno bisogno di essere sostenuti, rafforzati, incentivati? Con nuove
strutture, attrezzature, strumentazioni didattiche, formazione continua
del personale, ecc.
In un Paese civile non si ricattano le scuole!
“Se promuovi, ti premio! Se bocci, non ti finanzio!” In un Paese civile
l’istruzione è e deve essere al primo posto! Con questa invenzione del
premio ai migliori la Costituzione è carta straccia! “La Repubblica
promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica”:
così recita l’articolo Cost. 9; ma si vedano anche gli articoli 2 e 3 e
34, che modificheremo così: “La scuola è aperta a tutti quelli che se la
meritano”! Ma il merito come si acquisisce? Mah! E’ forse un dono
divino! La Repubblica non c’entra: non è materia sua!” Allora, a che
serve blaterare ormai da anni che siamo entrati nella società della
conoscenza, che conoscenze e competenze sono le condizioni per lo
sviluppo, quando scientemente si sceglie che ci sono scuole di serie A
che vanno incentivate e scuole di serie B che vanno abbandonate a se
stesse? Mi ricordo una vecchia barzelletta: “Studio medico, cartello: Si
riparano gobbe. Tutti i gobbi del paese si affollano nella sala
d’aspetto. L’infermiere apre la porta dell’ambulatorio e chiama: Avanti
il primo! Dopo una mezz’ora, si riapre la porta e l’infermiere chiama:
Avanti il secondo! Il secondo gobbo chiede: E il primo? Risposta: Il
primo si è rotto!” E allora, che ne faremo delle scuole di serie B?
Il secondo motivo di preoccupazione riguarda l’italico costume e non è
affatto banale. Chi ci garantisce che nelle scuole “peggiori” non si
correrà a promuovere sempre e comunque per accedere alla fascia dei
privilegiati? Veramente un dieci sarà “eguale” a un altro dieci? Accadrà
che, invece di avviare una buona volta una cultura della valutazione,
si solleciterà il malcostume nostrano che ancora – non so per quale
fortunato caso – non ha interessato il nostro Sistema Educativo di
Istruzione e Formazione. Sembra che non ci sia apparato istituzionale e
amministrativo che non sia corrotto oggi, dagli scanni parlamentari a
tutte le amministrazioni periferiche! Vogliamo che anche nella scuola si
implementino voti alti, comunque e sempre, per ottenere il necessario
per sopravvivere?
Auspico soltanto che questo comma 149 della Legge
della cosiddetta Stabilità non destabilizzi ancora di più la nostra
scuola… pardon, il nostro Sistema Educativo di Istruzione e Formazione!
Se ancora vogliamo chiamarlo così! E’ forse un eufemismo?
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