I nostri livelli di alfabetizzazione sono bassissimi, tanto per essere
brutali e chiari. Ce lo ripete con insistenza il professor Tullio De
Mauro, ex ministro dell'Istruzione. L'occasione ultima sono stati i dati
appena pubblicati, sullo stesso argomento, per quanto riguarda la
Francia. Beh, nel confronto perdiamo malamente. Un solo dato
esemplificativo: 'In Francia il 7 per cento non capisce o non sa
scrivere una breve frase, in Italia il...
33 %'. Ora, pur non facendone
una questione di confronti, qualche interrogativo viene in mente. E,
principalmente, la questione riguarda il nostro essere cittadini di
questo paese. Chiediamoci quanto incide il bassissimo livello di
alfabetizzazione - e di dealfabetizzazione - nei comportamenti
quotidiani, nelle scelte, nella comunicazione e nella vita sociale di
tutti gli italiani. Cosa comporta un così magro livello
formativo-culturale? E poi, che cosa ne è del concetto di società
inclusiva? Chi ne parla più e chi dovrebbe interessarsene?
Così, per forza di cose, ritorniamo alla scuola e alla sua
organizzazione. E per passare subito al dunque, bisogna dire che in
questo inizio di campagna elettorale non c'è stato un solo politico che
abbia accennato di scuola e di formazione. Come, del resto, a nessun
giornalista è venuto in mente finora di chiedere, ai molti che
imperversano in televisione (ma anche sui giornali), il proprio
programma sull'istruzione, oppure quale idea hanno di scuola, su come
organizzarla, quali possibili soluzioni propongono su tutte le questioni
che in ambito scolastico sono sospese e che attendono una risposta.
Certo, ognuno ha un programma scritto da qualche parte. È normale,
così fan tutti. Se lo cerchi, lo puoi trovare tra le pagine degli
intenti che mai si realizzeranno, uno fra i capitoletti delle cose che
ci si propone di fare e che puntualmente vengono smentite, disattese o
al massimo dimenticate. Insomma, si tratta di un qualcosa che si fa
perché si deve fare.
E poi, più o meno sono tutti uguali, nessuna idea che possa illuminare un percorso ormai da tempo buio e tempestoso.
Qualche settimana fa, quando il premier Monti ancora non aveva deciso se
partecipare alla competizione elettorale, in una intervista al
quotidiano La Repubblica, accennò velocemente alla scuola
dicendo che il programma che più gli piaceva era quello del PD, perché
gli sembrava il più moderno e il più adeguato ai tempi. Avrà sulla
scuola preso spunto da lì per la sua Agenda? Certamente sì!
Ora, a parte l'uscita infelice sul conservatorismo dei docenti in una
trasmissione televisiva, sempre Monti aveva in precedenza più volte
elogiato la riforma Gelmini. Quindi possiamo ben capire qual è la
strada intrapresa. Non ci vuole molta fantasia per capire quello che
avverrà: niente centralità della scuola pubblica. Così ci mettiamo
l'anima in pace. (O qualcuno finalmente si pronunci per eventuali
smentite!).
2. Una risposta spietata (e negativa)agli interrogativi posti
sopra, ci viene probabilmente dai risultati di una ricerca in ambito
europeo.
È stato chiesto ai cittadini di tutta Europa quali fossero i problemi
più importanti che il loro paese deve affrontare. Per la maggioranza
dei cittadini in testa alla lista ci sono i problemi legati
all'economia. Per gli italiani i primi tre posti sono : la
disoccupazione (49%), la situazione economica in generale (42%),
l'inflazione (28%). L'istruzione viene all'ultimo posto: scelta solo dal
2% dei nostri connazionali come problema importante. Un confronto, per
continuare con la curiosità: in Germania il 21% dei cittadini chiede
l'adeguamento dell'istruzione. Noi che invece di adeguare la nostra
istruzione dovremmo cominciare a preoccuparci di gestirla, ce ne
freghiamo. Allora tutto torna. Se con la cultura non si mangia e agli
italiani l'istruzione poco (o niente) importa, è chiaro che ai politici
'non gliene può fregare de meno'. Solo che così qualcosa non va.
Qualcosa non quadra!
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